Mario aspira al consolato

Igitur ubi Marius haruspicis dicta eodem intendere videt, quo cupido animi hortabatur, ab Metello petendi gratia missionem rogat....

Dunque non appena Mario si rese conto che i detti dell'aruspice tendevano allo stesso proposito, a cui il desiderio dell'animo esortava, chiese a Metello di ottenere l'incarico.

Anche se la virtù, la gloria e le altre cose desiderabili dagli onesti prevalevano tuttavia in costui era insito un animo sprezzante ed una superbia, il male comune della nobiltà. Pertanto per la prima volta si emozionò essendo la cosa insolita nel meravigliarsi della decisione di costui e per così dire per amicizia ad ammonire, a non intraprendere cose distorte o a non condurre l'animo al di sopra della fortuna: non tutti devono desiderare ogni cosa, lui dovrebbe essere sufficientemente contento delle proprie cose a lui dovrebbero piacere a sufficienza le proprie cose; infine dovrebbe stare attento a non chiedere ciò, che a ragione a lui era stato negato, al popolo Romano.

Dopo che disse queste ed altre cose simili e l'animo di Mario non si piegava, rispose che, non appena avesse potuto tramite gli affari pubblici, avrebbe fatto quelle cose che chiedeva. E poi a costui che richiedeva più spesso queste stesse cose si tramanda che disse di andare via senza affrettarsi: avrebbe ottenuto abbastanza presto quel consolato con suo figlio.

Questi in quel periodo militava nello stesso luogo al seguito del padre, quando aveva all'incirca 20 anni. Questa cosa aveva acceso fortemente Mario per l'onore, che cercava di ottenere, tanto quanto contro Metello.
(By Maria D. )

Versione tratta da Cicerone

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