Morte indegna di un imperatore indegno

Insania et crudelitate Commodi incitati, Quintus Aemilius Laetus praefectus et Marcia concubina coniurationem fecerunt ut occiderent eum. Primumque ei venenum dedērunt; quod id vero exitum non habuit, per athletam, cum quo se exercebat, eum strangulavērunt.

Fuit forma corporis iustā, vultu insubido, ut ebriosi solent (da soleo), et sermone incondito, capillo semper fucato et auri ramentis illuminato, adurens comam et barbam timore tonsoris.

Senatus et populus postulavit ut corpus eius unco traheretur atque in Tiberim mitteretur, sed Pertinax effecit ut in monumentum Hadriani portaretur.

Opera eius non exstant: immo et nomen eius, alienis operibus incisum, imperavit senatus ut eraderetur. Nec patris autem sui opera perfecit. Colossi autem caput dempsit, quod Neronis erat, ac suum imposuit.

Incitati dalla follia e crudeltà di Commodo, il prefetto Quinto Emilio Leto e la concubina Marcia cospirarono una congiura per ucciderlo.

E gli diedero prima di tutto il veleno; dato che ciò non ebbe l'effetto desiderato, tramite un atleta, con cui si esercitava, lo strangolarono. La forma del corpo fu adeguata, di aspetto sfacciato, come solevano gli ubriachi, e di linguaggio mal costruito, di capigliatura sempre tinta e illuminata di pagliuzze d'oro, perché si bruciava (participio congiunto) la chioma e la barba per paura del barbiere.

Il senato e il popolo chiese che il corpo di costui fosse trascinato per mezzo dell'uncino e fosse gettato nel Tevere, ma Pertinace fece in modo che fosse portato nella tomba di Adriano.

Le opere di costui non emersero: anzi il senato ordinò anche il nome di costui inciso sulle opere altrui, per essere radiato. In verità non realizzò le opere di suo padre. Ma in verità tolse la testa del colosso, che era di Nerone, e impose la sua.
(By Maria D.)

Versione tratta dalla Historia Augusta