Panico nell'esercito di Cesare

His rebus cognitis, Marcius Rufus quaestor, in castris relictus a Curione, Caesaris legato, cohortatur suos ne animo deficiant....

Conosciuti questi fatti, il questore Marco Rufo, lasciato da Curione, legato di Curione, nel campo, esorta i suoi a non perdersi d'animo.

Quelli lo pregano e lo scongiurano di riportarli in Sicilia con le navi. Egli lo promette e ordina ai comandanti delle navi di tenere, sul fare della sera, tutte le lance ancorate presso il lido. Ma il terrore di tutti fu così grande che gli uni dicevano che le truppe del Re Giuba erano vicine, gli altri che Varo era [loro] addosso con le legioni e già scorgevano la polvere di quelli che sopraggiungevano, mentre non accadeva proprio nulla di tutto ciò, altri ancora supponevano che la flotta nemica in breve tempo sarebbe giunta velocemente.

E così, poiché erano tutti sconvolti, ognuno pensava a se stesso. Coloro che erano sulle navi da guerra acceleravano la partenza.

E poiché la spiaggia era così piena zeppa che c'era la gara a chi, in tale moltitudine, per primo riuscisse a imbarcarsi, che alcune imbarcazioni affondavano per il peso della gente, altre tardavano ad avvicinarsi, temendo la stessa fine.

Versione tratta da Cicerone

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