Plinius de morte avunculi

Tacitus, vir doctissimus qui multos libros de rebus gestis Romanorum scripsit, a C. Plinio amico suo petivit...

Tacito, uomo dottissimo che scrisse molti libri sulle imprese dei Romani, chiese al suo amico Plinio, di scrivergli una lettera in merito alla morte di suo zio.

Ed infatti lo zio di C. Plinio, uomo molto istruito, era deceduto nel giorno in cui esplose le fiamme dal monte Vesuvio molte città della Campania, tra cui Pompei, Ercolano, Stabia, vennero distrutte.

Plinio a Tacito che glielo chiedeva scrisse all'incirca questa lettera: "Mio zio si trovava a Miseno, dov'era capo della flotta Romana.

Nove giorni prima delle calende di settembre, all'incirca all'ora settima, mia madre gli annunciò - che era apparsa una grandissima nube dall'aspetto strano. -

TESTO LATINO COMPLETO

Costui aveva gustato il cibo stando sdraiato, e si dedicava alle lettere. Chiese gli stivaletti, salì su una postazione da cui quella cosa straordinaria poteva essere osservata di più.

Si elevava una nube (non si sapeva da quale monte poi si comprese che era il Vesuvio), la cui forma sembrava come un albero altissimo e larghissimo. A mio zio, come uomo dottissimo, questa visione sembrò grande e da osservare più da vicino. Ordinò che venisse preparata una barca, mi permise di andare con lui; risposi che preferivo applicarmi alle lettere. E per caso egli stesso mi aveva dato ciò che io avrei dovuto scrivere. (qualcosa da scrivere). Usciva da casa, quando ricevette una lettera di Retina, che era spaventata dall'imminente pericolo, infatti la sua villa giaceva sotto il monte e per lei non c'era alcuna fuga se non con le navi; pregava (per strappare via se stessa da un così grande pericolo - quello mutò decisione: salì su una lunga nave per portare aiuto non solo a Retina, ma a molti - erano infatti molti gli abitanti di quella costa piacevolissima. Si affrettava là da dove alcuni fuggivano e manteneva nonostante il pericolo senza timore la giusta rotta. ora cadeva nelle navi la cenere, ora anche le nere pietre infrante dal fuoco.

dubitando un poco se volgere la rotta e ritornare indietro, subito al timoniere, che lo ammoniva di fare così disse: "la fortuna aiuta gli audaci: "dirigiti verso Pomponiano!" Costui si trovava a Stabia, preparato alla fuga aveva portato qui tutte le sue cose nelle navi nel caso il vento avesse avuto esito contrario. Perciò allora mio zio trasportato da un vento molto favorevole, abbracciò l'amico terrorizzato, lo consolò, lo esortò, fino a diminuire grazie alla sua tranquillità il timore di costui, ordinò di essere condotto al bagno; giaceva splendido, cenava... Ormai dal monte Vesuvio e da moltissimi luoghi brillavano le fiamme. Quello diceva: "le ville spopolate dai contadini spaventati bruciano - allora si riposò con un sonno veramente molto profondo. Ma si svegliò subito, pur se poteva uscire a stento a causa della cenere che cadeva all’esterno della porta della camera da letto. Tutti esitavano se rimanere sotto il tetto o trovarsi sotto il cielo. Infatti mentre la terra tremava si vedevano che i tetti si muovevano di qua e di là, ma sotto il cielo si temeva il crollo delle pietre.

Ormai lì scese (vi fu) la notte più scura di tutte le notti. Decisero di uscire sui litorali, per osservare, se il mare spingeva le navi, ma il mare era ancora torbido ed il vento contrario. Qui, , stando coricato su una coperta stesa a terra, una volta ed una seconda mio zio chiese dell’acqua fredda e la bevve. Mentre due servi lo sostenevano, si sollevò, e subito cadde, l’aria infatti era diventata tanto densa, che non poteva respirare. Al mattino il suo corpo morto fu ritrovato integro e coperto con la veste con cui si era vestito. Frattanto io e mia madre eravamo a Miseno ma in merito a ciò non c’è niente a proposito; Né tu volesti sapere altro diversamente da quella morte. Perciò concluderò. Stammi bene!”(by Maria D.)

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