Presa e liberazione della rocca di Tebe - VERSIONE di latino e traduzione
Presa e liberazione della rocca di Tebe
versione latino e traduzione
Hoc loco libet interponere, etsi seiunctum ab re proposita est, nimia fiducia quantae calamitati soleat esse....
A questo punto mi piace introdurre una riflessione, anche se estranea all'argomento trattato e cioè quanta calamità possa arrecare l'eccessiva fiducia.
Infatti agli orecchi dei magistrati tebani arrivò subito la notizia, che gli esuli erano entrati in città; ma quelli, in preda al vino ed alla gozzoviglia, la ebbero in non cale a tal segno che non si dettero neppure il pensiero di fare indagini su una cosa tanto importante. 2 Si aggiunse un fatto a mettere maggiormente in luce la loro scempiaggine. Giunse da Atene, da parte di Archino, una lettera indirizzata ad uno di questi, Archia, che ricopriva allora a Tebe la più alta magistratura, nella quale venivano esposti i particolari della partenza dei congiurati.
Siccome questa gli fu recapitata quando era già sdraiato per il banchetto, ficcandola, sigillata com'era, sotto il cuscino, disse: "Rimando a domani le cose serie". 3 Ma quelli, a notte già inoltrata, in preda al vino, vennero tutti uccisi dagli esuli, comandati da Pelòpida.
Portata a termine l'operazione, chiamato il popolo alle armi ed alla libertà, accorsero non solo quelli che erano in città, ma anche da tutte le parti della campagna, cacciarono dalla rocca la guarnigione spartana, liberarono la patria dall'assedio, e i fautori dell'occupazione della Cadmea, parte uccisero, parte cacciarono in esilio.
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