Quando la giurisprudenza non basta

Nec quemquam praetereat eloquentiam in iudiciis regnare: nam plus valet quod affectus movet quam res ipsae et argumenta....

Non si dovrebbe tralasciare che ciascuno nei processi padroneggi l'eloquenza: vale infatti di più ciò che agita la disposizione dell'animo che le stesse cose e argomentazioni.

Ed infatti spesso le argomentazioni nascono dalla causa, e per la maggior parte sono sempre parecchie, così che, colui che vince tramite queste, non sappia che non gli è mancato un avvocato: dove in verità gli animi dei giudici dovrebbero addurre la forza e dove la mente dovrebbe essere sottratta da questa stessa contemplazione del vero, soprattutto quando il decoro o l'innocenza vengono meno alle cose, lì c'è proprio l'opera dell'oratore.

la parte in causa non insegna ciò, nei libretti dei processi non è contenuto ciò. Che le prove siano infatti prodotte a ragione, così che i giudici reputino che la nostra causa sia migliore: i sentimenti garantiscono che desiderino anche ciò; ma credono anche ciò, che vogliono. Infatti nel momento in cui iniziarono ad arrabbiarsi, a favorire, a odiare, ad aver compassione, allora reputarono che la loro causa dovesse essere addotta, e, come gli amanti non possono giudicare in merito alla forma, perché l'animo precede il senso dello sguardo, così il giudice pervaso dai sentimenti omette ogni ragione di indagare la verità:

è trasportato dall'onda per così dire obbedisce ad un rapido fiume.
(By Maria D. )

Versione tratta da Quintiliano

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