Roma in fiamme

Imperator Nero, quod deformitatem veterum aedificiorum et angustias flexurasque vicorum pati non poterat, incendit urbem....

L'imperatore Nerone, poichè non poteva tollerare la bruttura degli edifici antichi, la strettezza e la stortura delle vie, diede fuoco a Roma. Molti suoi domestici furono presi nei nei vicoli di Roma con la stoppa e con le fiaccole (in mano)

ed attorno alla Domus Aurea, furono dati alle fiamme alcuni granai, dei quali Nerone desiderava moltissimo il sito. L'incendio, che era nato nel Circo Massimo, si diffuse per tutta Roma e divampò per molti giorni e molte notti con grande forza e danni enormi.

Una grande parte degli edifici fu bruciata (dal fuoco): allora, infatti, oltre a quasi tutte le case popolari, arsero anche le case dei vecchi condottieri, i templi degli dei, e tutte quelle cose degne di essere viste che erano sopravvissute dall'antichità.

Nerone guardava l'incendio dalla torre Mecenatiana, e si rallegrava, come egli affermava, – "per la bellezza delle fiamme", mentre, nel suo costume di scena, recitava il poema "la presa di Ilio".

Versione tratta da Svetonio

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