Scipione (Versione latino)

Seneca Lucilio suo salutem. In ipsa Scipionis Africani villa iacens haec tibi scribo adoratis manibus eius et ara, quam sepulchrum esse tanti viri suspicor....

Scipione saluta il suo Lucilio. Giacendo in questa stessa villa di Scipione l'Africano ti scrivo queste cose adorati i mani di costui e l'altare, che sospetto che ci sia il sepolcro di un uomo tanto grande.

In verità mi sono convinto che l'animo di costui sia ritornato in cielo, da dove era, non perché condusse grandi eserciti, infatti anche Cambise furioso e fortunatamente con furore ebbe questi usi, ma per l'egregia moderazione e pietà, quanto più in quello giudico ammirevole, quando lasciò la patria, che quando la difese: o Scipione si sarebbe dovuto trovare a Roma o Roma in libertà.

Disse: "Non voglio derogare nulla alle leggi, nulla alle istituzioni ci sia il diritto equo tra tutti i cittadini: usa il mio beneficio senza di me, patria. Io fui per te causa di libertà, sarò anche testimonianza: me ne vado, se ho successo (sono cresciuto) più di quanto ti è utile. Perché io non dovrei ammirare una tale grandezza d'animo, grazie a cui si allontanò in esilio volontario e abbellì la città: la cosa fu trascinata a tal punto, da arrecare offesa o la libertà a Scipione o Scipione alla libertà.

Non è ammissibile nessuna delle due: pertanto diede adito alle leggi e si ritirò a Literno.
(By Maria D. )

Versione tratta da Seneca

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