Sei figlio delle rocce del Caucaso
Sic Aeneas Didoni furenti locutus est: "Desine incendere et me et te tuis querelis; ....Te sequar atris ignibus et, cum frigida mors anima seduxerit artus, omnibus locis umbra adero".
Enea in questo modo parlò alla furibonda Didone "Cessa di esasperare me e te con le tue lamentele;
non faccio vela per l'Italia per mia volontà" Rivolgendo qua e là gli occhi Didone in silenzio, in preda all'ira, rispose: " La divina Venere non è tua madre nè ha dato origine alla tua stirpe Dardano, ma ti ha generato l'orrido Caucaso dalle dure rocce e tigri dell'Ircania ti offrirono le loro mammelle. Perchè dissimulare? Quali altri oltraggi tieni in serbo per me? Forse hai emesso gemiti al mio pianto?
Forse hai distolto gli occhi? Forse mi hai donato lacrime o mi hai commiserato? Nè la potentissima Giunone nè Giove guardano ciò con occhio sereno. Per nulla è al sicuro la lealtà. Io ti accolsi quando fosti spinto sul lido, quando eri bisognoso e da demente ti feci partecipe del regno. Ho strappato alla morte la flotta già quasi perduta e i tuoi compagni. Va' ora. Dirigiti alla volta dell'Italia.
Va' alla ricerca di regni attraverso le onde! Non ti trattengo nè confuto le tue parole. Spero che tu in mezzo agli scogli berrai il calice di tutti i tuoi supplizi e invocherai spesso per nome Didone. Ti perseguiterò con nere faci e, quando la fredda morte separerà le membra dall'anima, dovunque ti starò vicino quale ombra
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