Seneca si rende conto della sua vecchiaia

Veneram in suburbanum meum et querebar de impensis aedificii dilabentis. Ait mihi vilicus non esse neglegentiae suae vitium, se omnia facere, sed villam esse veterem....

Ero giunto nel mio podere e mi lamentavo delle spese dell'edificio in rovina. Il fattore mi dice che il difetto non è per la sua trascuratezza, che aveva fatto ogni cosa, ma che la villa era vecchia.

Irato verso quello, prendo prontamente la prossima occasione di essere adirato. Dico: "Mi sembra che questi platani siano stati trascurati: non hanno fronde. Come sono ritorti e nodosi i rami, come tristi e squallidi i tronchi!

Ciò non sarebbe accaduto, se qualcuno li avesse scavati intorno, se li avesse irrigati". Quello giura per il mio genio di aver fatto ogni cosa, di non aver cessato in alcuna cosa la sua cura, ma quelli erano piuttosto vecchi. Frattanto un servo appare. Dico: "Chi è costui?" Ma quello dice: "Non mi riconosci?

Io sono Felicio, il figlio del fattore, il tuo prediletto". Dico: "Costui delira completamente: anche il mio prediletto è diventato ragazzino insomma può accadere". Pertanto devo al mio podere il fatto che la mia vecchiaia, dovunque mi ero girato, mi apparve.
(By Maria D. )

Versione tratta da Seneca

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