Annibale attacca Sagunto (Versione Livio)

Annibale attacca Sagunto
Autore: Livio

Dum ea Romani parant consultantque, iam Saguntum summa ui oppugnabatur. Ciuitas ea longe opulentissima ultra Hiberum fuit, sita passus mille ferme a mari. Oriundi a Zacyntho insula dicuntur mixtique etiam ab Ardea Rutulorum quidam generis;

ceterum in tantas breui creuerant opes seu maritimis seu terrestribus fructibus seu multitudinis incremento seu disciplinae sanctitate qua fidem socialem usque ad perniciem suam coluerunt. Hannibal infesto exercitu ingressus fines, peruastatis passim agris urbem tripertito adgreditur. Angulus muri erat in planiorem patentioremque quam cetera circa uallem uergens; aduersus eum uineas agere instituit per quas aries moenibus admoueri posset. Sed ut locus procul muro satis aequus agendis uineis fuit, ita haudquaquam prospere, postquam ad effectum operis uentum est, coeptis succedebat. Et turris ingens imminebat et murus, ut in suspecto loco, supra ceterae modum altitudinis emunitus erat, et iuuentus delecta ubi plurimum periculi ac timoris ostendebatur ibi ui maiore obsistebant. Ac primo missilibus summouere hostem nec quicquam satis tutum munientibus pati; deinde iam non pro moenibus modo atque turri tela micare, sed ad erumpendum etiam in stationes operaque hostium animus erat; quibus tumultuariis certaminibus haud ferme plures Saguntini cadebant quam Poeni. Vt uero Hannibal ipse, dum murum incautius subit, aduersum femur tragula grauiter ictus cecidit, tanta circa fuga ac trepidatio fuit ut non multum abesset quin opera ac uineae desererentur.
Mentre i Romani si attardavano in preparativi e consultazioni, già Sagunto era presa d'assalto con grandissima violenza.

Era sicuramente la città più opulenta tra quelle che si trovavano al di là dell'Ebro; sorgeva a circa un miglio dal mare e, a quanto si dice, i suoi fondatori venivano dall'isola di Zacinto (e questi si sarebbero poi mescolati anche a dei Rutuli provenienti da Ardea. Successivamente i Saguntini si erano in breve tempo arricchiti in modo straordinario grazie sia ai commerci via mare che a quelli via terra: avevano avuto un grande incremento demografico ma avevano saputo anche mantenersi corretti e leali al punto da difendere la loro alleanza con Roma fino all'estrema rovina. Annibale entrò nel loro territorio con un esercito pronto all'attacco e, dopo aver devastato in lungo e in largo le campagne, assalì la città lungo tre direttrici. In un punto le mura puntavano ad angolo verso una vallata più piana ed aperta di ogni altro luogo all'intorno: fu lì che Annibale decise di concentrare le sue vinee, per consentire all'ariete di avvicinarsi alle mura. Tuttavia, se distante dal muro il terreno regolare consentiva di muovere bene le vinee, non altrettanto bene andarono le cose quando si cercò di passare alla stretta finale. Infatti sovrastava il luogo una torre di grande mole e il muro, proprio perché si trovava in una posizione da cui era facile prevedere pericoli, era particolarmente munito e più alto che altrove.

E proprio lì, ovunque si manifestassero maggiori pericoli e minacce, la difesa era lasciata ai giovani migliori che vi si dedicavano con grandissimo accanimento: dapprima allontanarono gli attaccanti con proiettili di ogni genere rendendo insicuro ogni tentativo di preparare la strada all'attacco. Poi le armi non brillarono più soltanto dai muri e dalla torre: i Saguntini si fecero tanto intraprendenti da compiere delle sortite contro le stazioni di guardia e le opere di assedio. E in queste improvvise e continue scaramucce non erano certo i Saguntini a registrare il più alto numero di caduti. Quando poi accadde allo stesso Annibale di avvicinarsi incautamente al muro, egli fu colpito e abbattuto da un giavellotto che gli trapassò una coscia: tali fuga e scompiglio ci furono attorno a lui che i Cartaginesi furono prossimi ad abbandonare vinee e opere d'assedio.

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