Da cosa nacque il culto della pudicizia (Versione Livio)

Da cosa nacque il culto della pudicizia
Autore: Livio
leg. gli autori lat. n. 9 pag. 138

anno prodigia multa fuerunt, quorum auerruncandorum causa supplicationes in biduum senatus decreuit; publice uinum ac tus praebitum; supplicatum iere frequentes uiri feminaeque.

Insignem supplicationem fecit certamen in sacello Pudicitiae Patriciae, quae in foro bouario est ad aedem rotundam Herculis, inter matronas ortum. Uerginiam Auli filiam, patriciam plebeio nuptam, L. Uolumnio consuli, matronae quod e patribus enupsisset sacris arcuerant. Breuis altercatio inde ex iracundia muliebri in contentionem animorum exarsit, cum se Uerginia et patriciam et pudicam in Patriciae Pudicitiae templum ingressam, ut uni nuptam ad quem uirgo deducta sit, nec se uiri honorumue eius ac rerum gestarum paenitere uero gloriaretur. Facto deinde egregio magnifica uerba adauxit. In uico Longo ubi habitabat, ex parte aedium quod satis esset loci modico sacello exclusit aramque ibi posuit et conuocatis plebeiis matronis conquesta iniuriam patriciarum, "hanc ego aram" inquit "Pudicitiae Plebeiae dedico; uosque hortor ut, quod certamen uirtutis uiros in hac ciuitate tenet, hoc pudicitiae inter matronas sit detisque operam ut haec ara quam illa, si quid potest, sanctius et a castioribus coli dicatur. " eodem ferme ritu et haec ara quo illa antiquior culta est, ut nulla nisi spectatae pudicitiae matrona et quae uni uiro nupta fuisset ius sacrificandi haberet; uolgata dein religio a pollutis, nec matronis solum sed omnis ordinis feminis, postremo in obliuionem uenit. Eodem anno Cn. Et Q. Ogulnii aediles curules aliquot feneratoribus diem dixerunt; quorum bonis multatis ex eo quod in publicum redactum est aenea in Capitolio limina et trium mensarum argentea uasa in cella Iouis Iouemque in culmine cum quadrigis et ad ficum Ruminalem simulacra infantium conditorum urbis sub uberibus lupae posuerunt semitamque saxo quadrato a Capena porta ad Martis strauerunt.

Et ab aedilibus plebeiis L. Aelio Paeto et C. Fuluio Curuo ex multaticia item pecunia, quam exegerunt pecuariis damnatis, ludi facti pateraeque aureae ad Cereris positae.
Nel corso dell'anno si verificarono molti prodigi. Per evitarne le possibili conseguenze, il senato decretò due giorni di suppliche: vennero offerti a spese dell'erario vino e incenso, mentre uomini e donne andarono in massa a supplicare gli dèi. Quella supplica rimase nelle cronache per una lite scoppiata tra le matrone all'interno del santuario della Pudicizia patrizia, situato nel foro Boario in prossimità del tempio rotondo di Ercole. Le matrone avevano escluso dalla partecipazione ai riti sacri Virginia, figlia di Aulo, una patrizia moglie di un plebeo, il console Lucio Volumnio, perché, celebrato il matrimonio, non faceva più parte del patriziato. Ne nacque un breve screzio che, per colpa dell'irascibilità tipica delle donne, si trasformò in una violenta lite: Virginia a buon diritto si vantava di essere entrata da patrizia e casta nel santuario della Pudicizia patrizia, in quanto sposata a un solo uomo in casa del quale era stata condotta ancor vergine, e di non aver alcun motivo di vergognarsi del marito, né della sua carriera e né dei suoi successi in campo militare. A queste parole piene di orgoglio fece seguire un gesto bizzarro:

nel suo palazzo di via Lunga - dove abitava -, fece ricavare uno spazio sufficiente alla costruzione di un tempietto, vi collocò un altare e, convocate le matrone plebee, lamentandosi dell'affronto subito dalle matrone patrizie, disse: "Consacro quest'altare alla Pudicizia plebea e vi esorto affinché alla competizione di valori che in questa città tiene impegnati gli uomini corrisponda, tra le donne, un confronto in materia di pudicizia, e vi invito a impegnarvi a fondo perché questo altare venga onorato in maniera più conforme alla religione e da donne più caste, se è mai possibile, di quello patrizio". L'altare venne in séguito venerato più o meno con lo stesso rituale di quello più antico, e non aveva diritto di compiervi sacrifici nessuna matrona che non fosse di specchiata castità e avesse contratto più di un matrimonio. Col tempo il culto fu allargato anche alle donne che avevano perduto la castità, e non soltanto alle matrone, ma anche alle donne di ogni classe, fino a quando non cadde in disuso

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