Emilio Paolo rimprovera Perseo (Versione Livio)

Emilio Paolo rimprovera Perseo
Autore: Livio

Prima percontatio fuit, qua subactus iniuria contra populum Romanum bellum tam infesto animo suscepisset, quo se regnumque suum ad ultimum discrimen adduceret?

Cum responsum expectantibus cunctis terram intuens diu tacitus fleret, rursus consul: ‘Si iuvenis regnum accepisses, minus equidem mirarer ignorasse te, quam gravis aut amicus aut inimicus esset populus Romanus; nunc vero, cum et bello patris tui, quod nobiscum gessit, interfuisses et pacis postea, quam cum summa fide adversus eum coluimus, meminisses, quod fuit consilium, quorum et vim in bello et fidem in pace expertus esses, cum iis tubi bellum esse quam pacem malle?’ Nec interrogatus nec accusatus eum responderet, ‘utcumque tamen haec, sive errore humano seu casu seu necessitate inciderunt, bonum aninium habe; multorum regum populorumque casibus cognita populi Romani clementia non modo spem tibi, sed prope certam fiduciam salutis praebet’. Haec Graeco sermone Perseo; Latine deinde suis ‘exemplum insigne cernitis’ inquit ‘mutationis. rerum humanarum. Vobis hoc praecipue dico, iuvenes. Ideo in secundis rebus nihil in quemquam superbe ac violenter consulere decet nec praesenti credere fortunae, cum, quid vesper ferat, incertum sit.

Is demum vir erit, cuius animum neque prosperae [resi flatu suo efferent nec adversae infringent’.
La prima domanda fu: « Spinto da quale offesa hai osato intraprendere contro il popolo romano con animo così ostile una guerra che ha portato all’estremo pericolo te e il tuo regno? ». Mentre egli se ne stava a lungo silenzioso e piangeva e guardava a terra, mèntre tutti aspettavano una sua risposta, il console riprese: « Se tu da giovane avessi preso il regno, meno invero mi meraviglierei che tu avessi ignorato quale amico potente o nemico terribile fosse il popolo romano; ma ora, avendo partecipato alla guerra provocata da tuo padre e ricordato la pace che con sommo scrupolo abbiamo osservato nei suoi confronti, quale è stato il disegno che ti ha spinto a volere la guerra piuttosto che la pace con quelli di cui tu avevi saggiato la forza in guerra e la fede in tempo di pace? ». Siccome non rispondeva niente né alle domande né alle accuse, (il console disse):

« Comunque stiano le cose, siano esse accadute per umano errore o per caso o per umana debolezza, sta’ di buon animo; la nota clemenza del popolo romano nelle traversie di molti re e popoli ti offre non solo la speranza ma anche una certa fiducia nella salvezza ». Queste cose disse a Perseo in Greco; ai suoi così disse in Latino: « Avete davanti a voi un insigne esempio della mutevolezza delle vicende umane. Questo lo dico specialmente a voi, o giovani. Perciò nella fortuna non conviene mai prendere provvedimenti superbi e violenti contro qualcuno né fidarsi della presente fortuna, •mentre è incerto che cosa ci riserbi la sera. Insomma è un vero uomo colui che né la fortuna col suo aiuto farà insuperbire né la sfortuna abbatterà ».

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