Ostilità dei Romani verso Quinto Fabio Massimo (Versione Latino Livio)

Ostilità dei Romani verso Quinto Fabio Massimo

Accesserant duae res ad augendam invidiam dictatoris, una fraude ac dolo Hannibalis, quod, cum a perfugis ei monstratus ager dictatoris...

Avevano aumentato l'astio contro il dittatore due cose, una dovuta alla malizia fraudolenta di Annibale, giacché questi, avendogli alcuni disertori indicato un podere di Fabio, ordinò che da questo soltanto si dovesse astenere la violenza ostile sul ferro e del fuoco, mentre tutto il resto era raso al suolo, sì che questo potesse parere compenso di qualche patto segreto; l'altro per un'azione del dittatore stesso, che forse riuscì sulle prime sospetto per non aver egli, in ciò, atteso il parere del Senato, ma che poi si volse in sua indubbia e grandissima lode.

Nello scambio dei prigionieri, come si era fatto durante la prima guerra punica, tra il comandante romano e il cartaginese si era convenuto che quella delle due parti la quale ricevesse più prigionieri che non ne dava, pagasse due libbre e mezzo d'argento per testa. Ora, poiché i Romani avevano riavuti duecentoquarantasette prigionieri più che i Cartaginesi, e si era tardato a sborsare il denaro dovuto per essi, pur essendosi discussa in Senato la cosa per il fatto che Fabio non aveva consultato i Padri, egli, mandato a Roma il figlio Quinto, aveva venduto il podere già rispettato dal nemico, e aveva privatamente del suo assolto l'impegno pubblico

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