Maturità Versione latino - Come tradurre un brano di Cicerone

Cicerone: « princeps latinae eloquentiae »

Fu Quintiliano a definire così Cicerone: «princeps latinae eloquentiae», il principe dell’eloquenza latina. Cicerone costituisce il modello per eccellenza dei prosatori latini ed è tuttora un punto di riferimento centrale nello studio della lingua e della letteratura latina. La sua prosa rappresenta il vertice più alto del classicismo, dell'armoniosa e simmetrica costruzione del periodo, della purezza lessicale, della ricerca stilistica e retorica. Quali sono i segreti di questo stile ? Innanzi tutto va osservato che in esso si realizza una costante corrispondenza fra la struttura sintattica (e quindi logica) del discorso e la disposizione materiale di essa sulla pagina. La regola aurea di questa disposizione è la concinnitas, ovvero la disposizione simmetrica delle varie parti del discorso e dei vari piani di esso (non solo di quello sintattico, ma anche di quello morfologico, lessicale, ritmico, fonetico, retorico), in maniera tale che il parlato e lo scritto appaiano come «organismi vivi» e ricchi di corrispondenze, come sistemi retti da un principio di equilibrio fra parte e parte. Il tutto, ovviamente, finalizzato alla resa dei contenuti e, soprattutto, alla loro possibilità di presa presso il lettore o l'uditore. In tale costruzione del pensiero e dell'espressione è naturale che la subordinazione prevalga sulla coordinazione: solo nel gioco dei vari gradi della subordinazione può attuarsi la rotunda et numerosa constructio, per cui il periodo è sempre molto ampio e articolato, per quanto rigorosamente organico e circolare: l'oculato sviluppo dell'ipotassi – nettamente prevalente sulla paratassi – consente al nucleo principale del discorso ogni sorta di ramificazione, senza che siano compromesse la compattezza e l'unità dell'insieme. Per raggiungere il traguardo della simmetria Cicerone si avvale di molti accorgimenti che vanno dall'ambito morfologico a quello sintattico, da quello stilistico a quello ritmico ; tutte le soluzioni testuali che abbiano carattere di parallelismo o equivalenza, ripetizione o accumulazione o gradazione mirano a ottenere effetti di concinnitas. Nell'ambito della concinnitas il periodare ciceroniano persegue, poi, un proprio ritmo interno, che varia a seconda del tipo di argomento e di genere praticato, ma scaturisce da una disposizione costante a trasferire nella prosa principi e metodi della metrica poetica. È questo il numerus, cioè la normativa che regola, mediante molteplici accorgimenti (fra i quali, in particolare, la "clausola", ovvero l'andamento metrico della parte finale del periodo), la struttura ritmica del discorso, che accelera e rallenta, si distende e s'intensifica, aumenta e diminuisce la propria frequenza e il proprio tono, a seconda delle esigenze del momento.

Caratteristiche dello stile di Cicerone nel dettaglio

 La morfologia

distinzione fra deponente e passivo o tra funzione transitiva e intransitiva (ad es. i verbi potior e utor sono usati solo con valore intransitivo)

* ... abutere patientia nostra…

abuserai della nostra pazienza

 nell'uso di modi e tempi è molto potenziato, ad esempio, l'uso del congiuntivo

 distinzione nell’uso dei costrutti (ad es. a, ab con l'ablativo o l'ablativo semplice con i passivi, a seconda che si voglia esprimere il soggetto logico o il soggetto "strumentale" dell'azione)

* ... quod sit a natura datum omnibus...

che sia stato dato dalla natura a tutti...

* ... cum ad eam duceretur damnatus ab ephoris ...

quando fu eseguita la sentenza pronunciata dagli efori... (vers. 266).

Altri caratteri morfologici sono:

la forma « -erunt » (ind. perf. 3a pl.) preferita alla forma
«-ere»

i sost. in « -itia » della prima preferiti a quelli in « -ities » della quinta decl.

i sostantivi in « -mentum » preferiti a quelli in « -men »

l'abbandono degli infiniti in « -ier » e dei gen. pl. in « -um » (per « -orum »)

uso discreto degli aggettivi in « -bilis » rifiuto degli arcaismi e dei poetismi

 La Sintassi

la ricerca di simmetria a livello di costruzione del periodo, cioè nella disposizione delle proposizioni all'interno del periodo:

* sumus enim multi, ut constituimus, parati, si tuo commodo fieri potest, abuti tecum hoc otio (De Re Publica, 1-14)

 la ricerca di simmetria a livello di architettura sintattica, cioè nella struttura verticale (struttura delle dipendenze) del periodo:

* neque enim hac nos patria lege genuit aut educavit, ut nulla quasi alimenta exspectaret a nobis, ac tantummodo nostris ipsa commodis serviens tutum perfugium otio nostro suppeditaret et tranquillum ad quietem locum, sed ut plurimas et maximas nostri animi ingenii consilii partis ipsa sibi ad utilitatem suam pigneraretur, tantumque nobis in nostrum privatum usum quantum ipsi superesse posset remitteret. (De Re Publica, 1-8)

 la « concinnitas » fra proposizioni o membri della frase si ottiene in varie maniere

* Si da’ a ciascuna proposizione un verbo, mentre uno solo basterebbe per tutte.

Luget senatus, maeret equester ordo, tota civitas confecta senio est, squalent municipia, adflictantur coloniae

II senato è in lutto, i cavalieri sono in uno stato di profonda afflizione, tutta la cittadinanza è affranta dalla tristezza, i municipi sono in gramaglie, le colonie sono in preda ad un grave abbattimento.

* Si aggiunge un complemento, talvolta anche insignificante, perche’ sia in simmetria con un altro sostantivo.

Nihil mihi ad existimationem turpius, nihil ad dolorem acerbius accidere potest

Nulla può riuscire più vergognoso per il mio prestigio, nulla più doloroso per il mio animo.

* Nelle frasi o membri di frasi che si corrispondono tra loro, si adoperano espressioni simili e una costruzione analoga.

Profecto quoniam illum qui hanc urbem condidit ad deos immortales benevolentia famaque sustulimus, esse apud vos posterosque vestros in honore debebit is qui eandem hanc urbem conditam amplificatamque servavit

Non vi è dubbio che, avendo noi innalzato al concilio degli dei immortali il fondatore di questa città (= Romolo), così sarà doveroso per voi e per i vostri discendenti rendere ogni onore al salvatore di questa città (= Cicerone), che dopo la sua fondazione ha raggiunto tanta grandezza.

* Viene data alle frasi e ai membri di frasi, che corrispondono tra loro, un'estensione somigliante; talvolta, soprattutto nelle antitesi, si giunge perfino a distribuire le parole in ugual numero.

Est igitur haec, iudices, non scripta, sed nata lex, quam non didicimus, accepimus, legimus, verum ex natura ipsa, arripuimus, hausimus, expressimus, ad quam non docti, sed facti, non instituti, sed imbuti sumus

È questa dunque, o giudici, una legge non scritta ma naturale, di cui non siamo debitori né all'insegnamento né alla tradizione né alla lettura, ma esclusivamente alla natura: da questa abbiamo afferrata, attinta, ricavata questa legge alla quale siamo giunti non per via di precetti ma in forza della nostra stessa nascita, non per via dell'educazione ma per istinto.

* Spesso si esprime la stessa idea con parecchi sinonimi, per raggiungere appunto lo stile arrotondato e armonioso, la « rotunditas ».

Depugnarem potius cum summo non dicam exitio sed periculo certe vestro liberorumque vestrorum, quam id quod omnibus impendebat unus pro omnibus susciperem, ac subirem?

Avrei dovuto battermi fino all'estremo in una lotta non dico mortale, ma per lo meno rischiosa per voi e per i vostri figli, piuttosto che affrontare e subire io solo, per la salvezza di tutti, ciò che minacciava tutti quanti?

* l'uso di congiunzioni correlative (che possono essere mantenute in sede di traduzione se si vogliono riprodurre fedelmente la scansione e il tono della frase originale):

Haec autem oratio... aut nulla sit necesse est aut omnium irrisione ludatur.
(De Oratore, I, 12)

Un simile tipo di orazione o non esiste o è oggetto di derisione con ogni genere di scherno

* il ricorso alla prolessi (che può essere conservata nella traduzione per le stesse ragioni di fedeltà all'originale, ma appesantisce molto il periodo italiano):

Quidquid erit igitur quacumque ex arte, quocumque de genere, id orator... dicet melius... (De Oratore, I- 12)

Qualunque sia l'argomento, di qualunque arte, di qualunque genere, l'oratore lo esprimerà meglio...

* l'organizzazione dei concetti in terne di membri simmetrici (che spesso sono anche in climax e richiedono comunque particolare attenzione nell'interpretazione dei loro specifici e distinti significati)

Probare necessitatis est, delectare suavitatis, flectere victoriae. (Orator, 21)

Portare prove sufficienti è imposto dalla necessità, porgere in modo gradevole serve a guadagnarsi il favore dell’uditorio: convincere è indispensabile per vincere. la prevalenza dell'ipotassi (subordinazione) sulla paratassi (coordinazione) (nella traduzione, soprattutto quando il periodo è particolarmente articolato, è consigliabile un uso più largo della coordinazione) l'uso frequente di nessi logici fra periodi (nam, autem, vero, sed ecc.), che contribuiscono a compattare e organizzare unitariamente il tessuto logico in particolare, l'uso ricorrente di quidem (uno dei più semplici strumenti grammaticali attraverso cui si organizza, nel discorso, la ragnatela delle precisazioni, delle limitazioni, delle distinzioni ecc.; nella traduzione il più delle volte può essere omesso): il largo uso delle interrogative, per lo più retoriche, e delle esclamative (il loro valore enfatico può essere conservato o attenuato, in italiano, secondo la sensibilità e il gusto del traduttore):

...quid lucri est emori ! aut quam multi dies reperiri possunt, qui tali nocti anteponantur ?(Tusc. Disput. I-97)

davvero un affare è morire! o quanti giorni si possono trovare che si possano preferire a tale notte ?

* Lo stile Dal punto di vista dello stile, e in particolare dell'ornatus (cioè dell'uso delle figure), va notato che la prosa ciceroniana, in genere, utilizza in maniera molto oculata e mai casuale le figure retoriche e stilistiche (che pure sono molto numerose, in particolare nella produzione oratoria), sempre dosandole in relazione al particolare contesto comunicativo (genere, stile, parte del discorso ecc.).

* In Cicerone si ritrova l'intero repertorio delle figure (l'unica a non avere particolare rilievo è l'allitterazione), in special modo quelle che hanno a che fare con la concinnitas. anafora

(Unde... pietas ... ? Unde ius...? Unde iustitia ... ? Unde pudor .. ? Unde... fortitudo? Da dove nascono infatti...? Da dove...? Da dove...?);

epifora e ripetizione in genere (poluitne... potuitne...);

geminatio (nos, nos, dico aperte, consules desumus: siamo noi, proprio noi, i consoli, a non essere all'altezza); climax (incolumes... florentes... beati...);

chiasmo (maioremque laetitiam ex desiderio bonorum... quam ex laetilia improborum dolorem, dal rammarico delle persone oneste ho avuto maggior conforto del dolore procuratomi dall'esultanza dei malvagi);

endiadi (laeti et agentes gratias, ringraziamo con animo lieto); parallelismo e antitesi (vel incipiant... vel desistant / si... quid optabilius? sin autem... quid melius?);

metafora (emitti e custodia et levari vinclis, liberarci dal carcere e dalle catene [= morire]);

poliptoto (poetas... poetarum morte doluisse, poeti che hanno pianto la morte di poeti...);

omoteleuto (Rhodum... adlatum,... maiorem... dolorem); apostrofe (Quo usque tandem..., Catilina, Fino a quando, Catilina...); personificazione e / o prosopopea (nisi... patria revocasset, se la patria non mi avesse richiamato)

apostrofe (Quo usque tandem..., Catilina, Fino a quando, Catilina...);

personificazione e / o prosopopea (nisi... patria revocasset, se la patria non mi avesse richiamato)

 Il lessico

Per quanto concerne invece il lessico, Cicerone utilizza come lessico-base quello dell'usus urbano romano (cioè la lingua dotata di urbanitas e dignitas parlata dall'alta società di Roma). È un lessico selezionato in funzione della proprietà e dell'efficacia dei vocaboli e in nome di una linea di purismo linguistico (sermo purus) che prende le distanze sia dalla rusticitas italica sia dai forestierismi (grecismi soprattutto); in totale, il vocabolario ciceroniano è di circa 10 000 parole: un decimo del lessico di tutta la latinità. In particolare si segnalano: il rifiuto, in linea di principio, degli arcaismi, dei poetismi, dei neologismi (cui Cicerone deve tuttavia ricorrere, talora, nella prosa filosofica), dei volgarismi, dei grecismi (specie nelle orazioni, dove si ritiene maggiormente in gioco la dignitas romana); l'uso limitatissimo della forma « fore » (invece frequente in Sallustio, Livio, Tacito) o della coniugazione perifrastica (frequente in Livio e nei prosatori e poeti successivi); rifiuto dei sinonimi (come in Cesare); ad es.: sempre « cupiditas » e mai cupido, sempre « somnus » e mai sopor, sempre « senectus » e mai senecta

 Cicerone oratore e retore

In ambito oratorio, Cicerone si è trovato a mediare fra la ridondanza dell'arianesimo e la scarna essenzialità dell'atticismo, riuscendo a compiere la sintesi di uno stile complesso ma armonioso, architettonicamente ricco, mirabilmente equilibrato fra l'abundantia ariana e l'elegantia atticista.

In particolare si segnalano, sotto il profilo sintattico-stilistico: l'uso serrato e particolarmente enfatico delle interrogative retoriche:

o tempora! o mores! Senatus haec intellegit, consul videt; hic tamen vivit. Vivit? Immo vero...

O tempi infelici! O corrotti costumi! Il senato si avvede di ciò, il console lo vede; e tuttavia egli vive. Vive? Non solo...

l'uso particolarmente marcato degli espedienti stilistici (anche per ovvie ragioni pratiche) e delle figure in genere si veda Pro Milone 92.

A proposito del lessico va segnalata invece, in particolare, la presenza di: termini tecnici, propri della retorica o dell'ambito giuridico-legislativo, dotati ovviamente di una connotazione semantica ben precisa (che richiede particolare attenzione al traduttore):

Non enim inventor aut compositor aut auctor.. termini inventor, compositor, auctor

non possono essere tradotti a orecchio con "l'inventore", "l'estensore", "l'autore" ma in riferimento a tre parti specifiche dell'orazione: l'inventio, la compositio o dispositio termini fuori contesto, che Cicerone utilizza soprattutto quando ricorre al linguaggio figurato (in particolare nelle metafore):

argutiae digitorum, col significato di "gestualità eccessivamente appariscente delle dita".

 Cicerone filosofo In ambito filosofico

Cicerone si è trovato di fronte a un dilemma lessicale di non facile soluzione: da un lato, c'è la mancanza di una terminologia latina adeguata alla resa dei termini filosofici greci; dall'altra, c'è la sua volontà di evitare, in nome di un purismo sostanziale, il banale ricorso ai "grecismi". Di qui prende avvio un lungo e spesso faticoso lavoro di "invenzione" lessicale, che a tratti consiste nel tentativo di adeguare il vocabolo latino a quello greco (è il caso di officium, scelto, dopo molte perplessità, come corrispettivo di kathèkon), a tratti produce veri e propri neologismi, soprattutto nel lessico astratto, subito assimilati dal vocabolario "dotto" e destinati a grande fortuna (è il caso di voci, che ormai per noi sono di uso comune, come qualitas e essentia, ricalcate rispettivamente dai termini greci poiótes e ousía).

La prosa filosofica ciceroniana si distingue, dal punto di vista della sintassi e dello stile, per:

un uso più serrato della subordinazione, in linea con le esigenze di analisi e argomentazione proprie del discorso filosofico è consigliabile, nella traduzione, smembrare i periodi più lunghi e complessi, trasformando, dove è necessario, la subordinazione in coordinazione un uso della concinnitas meno retorico e più legato alla distribuzione logica del discorso per il traduttore non è tanto questione di assecondare o meno lo stile dell'autore, quanto di saper sfruttare le simmetrie come utili segnali indicatori della costruzione del discorso

...si, occupati, profuimus..., prosimus etiam, si possumus, otiosi,…

se ho giovato... con la mia attività politica, possa giovare anche, per quanto possibile, con quella intellettuale

un uso meno enfatico delle interrogative, che non sono più sulla bocca di un oratore che deve coinvolgere e convincere un uditorio "pubblico" (come è il Cicerone delle orazioni), ma sulla bocca di interlocutori nell'ambito di dialoghi filosofici "privati":

Nam quid aliud agimus..., quid, inquam, tum agimus...?

Che cos'altro facciamo..., ripeto, che cosa facciamo,

se non... l'uso del discorso diretto dialogato (come è ovvio che sia nell'ambito di trattati filosofici a struttura dialogica): talora si tratta di battute serrate e brevi, strutturate a domanda e risposta, più spesso di battute più lunghe, strutturate a tesi e antitesi:

l'introduzione nel testo di citazioni dirette o indirette (soprattutto di brani, pensieri, sentenze di filosofi greci, ma anche di passi di poeti greci e latini):

Lessico filosofico

La mancanza, nella tradizione della lingua latina, di un vero e proprio lessico filosofico costringe Cicerone a "inventarne" uno: lo fa tenendo necessariamente presente, da un lato, il vocabolario della filosofia greca, ma anche evitando, dall'altro, il banale ricorso ai grecismi (in nome di quel purismo linguistico di cui si è detto).

Ricorre perciò a: creazione di neologismi attraverso calchi dal greco: ad es. qualitas (gr. poiòtes), medietas (gr. mesòtes) ….

utilizzazione con un nuovo significato di termini latini già esistenti: ad es. ars per rendere il gr. tèchne ; ratio per rendere il gr. lògos ; officium per rendere il gr. kathékon) …

traslitterazioni: ad es. atomus, harmonia, ecc. o lo stesso termine philosophia: endiadi o perifrasi, soprattutto nella resa del lessico astratto (al quale, come si sa, il latino preferisce in genere il concreto)

quae sint ad vivendum necessaria, il necessario per il sostentamento

 Cicerone epistolografo

I toni delle epistole sono prevalentemente (non esclusivamente) quelli della familiarità, del privato, del quotidiano; la sintassi è in genere più semplice e meno articolata ipotatticamente; il lessico accoglie le espressioni del sermo vulgaris e colloquiale (anche se non perde mai una traccia di eleganza) ed è comunque meno selezionato e abbandona il settorialismo del linguaggio retorico-oratorio o filosofico; lo stile tende ad attenuare l'enfasi, anche se non è privo di figure e di impennate retoriche.

In particolare, sotto il profilo sintattico-stilistico, si segnalano:

la presenza di periodi generalmente più brevi e più propensi alla coordinazione (che, in quanto tali, sono per il traduttore più agevoli da analizzare e da rendere):

l'uso frequente di proposizioni ellittiche (che, rispettando la chiarezza del significato, la traduzione può mantenere):

Sed haec coram Ma di questo parleremo a voce

l'uso frequente, ma meno enfatico, delle interrogative e delle esclamative, più propense a esprimere preoccupazione o stupore autentici: larga presenza di esortazioni, spesso accompagnate da formule di preghiera o consistenti in comuni formule di saluto (talora si tratta di vere e proprie locuzioni, che non sempre hanno esatto corrispettivo in italiano)

l'uso abbastanza frequente, ma non sistematico, dei tempi dello stile epistolare (che vanno resi, come da manuale, operando uno scarto temporale dal passato al presente): composti in per- (come permagnus, perpaucus, permultus …)

verbi intensivi (come cenitare); costrutti come il dativo etico quid mihi facis ?

diminutivi e vezzeggiativi: filiola

esempio finale

In questo brano di Cicerone, possiamo trovare una gran parte delle caratteristiche del suo stile e della sua concezione della prosa : la « rotunditas » del periodo, la « concinnitas » (simmetria) , l’uso di figure retoriche (anafora), una marcata subordinazione ; una sorta di riepilogo di quanto abbiamo espresso.

Qua re quis tandem me reprehendat, aut quis mihi iure suscenseat, si, quantum ceteris ad suas res obeundas, quantum ad festos dies ludorum celebrandos, quantum ad alias voluptates et ad ipsam requiem animi et corporis conceditur temporum, quantum alii tribuunt tempestivis conviviis, quantum denique alveolo, quantum pilae, tantum mihi egomet ad haec studia recolenda sumpsero?

Articolo del Prof. Silvano G. autore anche dei contenuti video

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