Maturità versione latino: come tradurre un brano di Livio

Tito Livio è uno storiografo e accoglie il principio della storiografia come opus oratorium maxime che risponde all'idea che gli antichi avevano della trattazione storica dei fatti: per loro la storia era magistra vitae, maestra di vita, quindi il genere letterario che la trattava non era certo considerato scientifico, bensì opera di litterarum, di ingegno letterario, rispondente cioè ai dettami delle discipline umanistiche. Il periodo di Livio è ampio, solenne, maestoso, capace di un movimento lento e continuo (raramente nervoso o spezzato), quasi circolare. Ma, rispetto all'architettura ciceroniana, Livio si concede anche diverse licenze morfologiche e sintattiche, che, da un lato, caratterizzano un tono retorico-drammatico e, dall'altro, evidenziano un sentimento "poetico" certamente personale (soprattutto nei primi libri: quelli che meglio si lasciano definire come l'epica in prosa di Roma).

In Livio si alterna una prosa "aulica", magnifica, altisonante ad una, in certe situazioni, più rapida e serrata, caratterizzata da periodi brevi e che non è indice di un accostarsi convulso di pensieri, bensì dell'esigenza di trattare e narrare certi fatti della storia come un succedersi improvviso e inaspettato di eventi. L'effetto è il «pàthos », cioè il sentimento profondo di gioia o esaltazione per le vittorie, di rispetto e di purificazione dell'animo per le virtù, di tristezza e sgomento per le sconfitte, di coinvolgimento per le situazioni e i casi felici o disperati della vita e della storia.

Fra le singolarità dello stile liviano (singolarità, s'intende, in rapporto al modello ciceroniano), ricordiamo:

• l'uso frequente del participio

• il ricorso alle parentesi (onde evitare troppe secondarie, specie se causali o relative)

• l'utilizzazione della variatio (quasi sempre per ottenere un richiamo di attenzione e di emozione presso il lettore)

• l'uso accusativi plurali della 3' in -is anziché in -es

• l'uso del genitivo partitivo in dipendenza da neutro.

• « a/ab + ablativo con valore causale

• il singolare collettivo • l'interrogativa indiretta introdotta da si.

■ Si trovano frequentemente forme sincopale, in particolare alla terza persona singolare del perielio attivo, all'infinito perfetto e al congiuntivo piuccheperfetto

* audiiti (al posto di audivi)

* muniit (al posto di munivi!)

* aequasse (al posto di aequavisset)

* alienasse (al posto di alienavisse)

■ Nella terza persona plurale del perfetto si registra la forma in « ere » (decrevère, considère, impulére..) « scière hostes » lo seppero i nemici.

Il congiuntivo imperfetto 3a p. sing. e plur. «esset »,« essent » può essere sostituito dalle torme « foret » e « forent »,

« et » assume spesso il valore intensivo di etiam.

Spesso si trova il singolare collettivo di nomi concreti, come : miles, pedes, eques, Romanus. Poenus = (milites , pedites, equites, Romani, Poeni).

Compaiono sostantivi astratti con valore concreto, come « servitia » (gli schiavi), « stationes » (le sentinelle), « dignitates»  (persone autorevoli)

E' frequente la «costruzione a senso » , cioè la diversità tra il numero del soggetto, singolare, e il numero del predicato verbale , plurale ; ciò accade con i nomi « pars » , « gens » « mullitudo » e con il pronome « quisque».

«in suas quisque provicias proficiscuntur» ciascuno parte per la propria provincia

■ Non sono rari gli aggettivi usati come sostantivi al neutro singolare ed uniti al genitivo:

«relinquum noctis» il resto della notte

« Romani ab sole orlo in multum diei stetere in acie»

I Romani stettero schierati a battaglia dal sorgere del sole lino a giorno inoltrato

l'ablativo con « ab » può assumere valore temporale di « subito dopo »:

« ab Cannensi Victoria» dopo la vittoria di Canne

■ Frequente e il presente storico che serve soprattutto nelle narrazioni ad rendere attuali fatti essenziali

« pars in proxima quaeque ruunt » una parte si precipita / si precipitò.

Anche in Livio è usato spesso l'infinito storico, cioè l'infinito usato come verbo principale, che corrisponde, in genere, ad un imperfetto:

« Romani insistere» i Romani inseguivano

■ Frequentissimo è l'uso del participio futuro, soprattutto con i verbi di moto, per esprimere fine ed intenzionalità : « venerunt castra oppugnaturi » vennero per assediare l'accampamento

nell'ablativo assoluto sono spesso sottintesi i pronomi « iis. quibusdam, nonnullis » e i sostantivi « homnibus, legatis, nuntiis...»

« Hannibal Hiberum copias traiecit praemissis qui Alpium transitus specularerimt » Annibale fece oltrepassare alle truppe l'Ebro. dopo aver mandato alcuni che esplorassero i passi delle Alpi.

■ L' ablativo assoluto viene introdotto anche da « utpote, quippe, tamquam , velut » : « utpote capta urbe » come se la città tosse stata presa

■ l'ablativo assoluto compare anche ed neutro di participi perfetti come « augurato » ( dopo aver preso gli auspici), « litato » ( dopo aver ottenuto felici presagi ) , « comperto » ( essendosi appurato ),....

« satis comperto Eordaeam petituros Romanos » poiché ormai si era appuralo che i Romani si sarebbero diretti verso l'Eordca

■ E' ricorrente il gerundivo con valore finale espresso sia in genitivo che in dativo :

« placuit avverrucandae deum irae victimas caedi... si decise che fossero immolate delle vittime per allontanare l'ira degli dei

■ Frequente è anche il supino con valore finale e compare anche come reggente di una interrogativa indiretta :

« missi sciscitatum oratores ad Delphicum oraculum... » furono inviati messaggeri per interrogare l'oracolo di Delfi...»

Autore: Prof. Silvano G.

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