Esortazione ad avere un animo sereno (Versione latino Seneca)

Esortazione ad avere un animo sereno
Autore: Seneca
Nova lexis 2 n. 4 pag. 153

Putas me tibi scripturum quam humane nobiscum hiemps gerit, quae et remissa fuit et brevis, quam malignum ver sit, quam praeposterum frigus, et alias ineptias verba quaerentium?

Ego vero aliquid quod et mihi et tibi prodesse possit scribam. Quid autem id erit nisi ut te exhorter ad bonam mentem? Huius fundamentum quod sit quaeris? ne gaudeas vanis. Fundamentum hoc esse dixi: culmen est. Ad summa pervenit qui scit quo gaudeat, qui felicitatem suam in aliena potestate non posuit; sollicitus est et incertus sui quem spes aliqua proritat, licet ad manum sit, licet non ex difficili petatur, licet numquam illum sperata deceperint.


Pensi che ti scriva quanto è stato benevolo con noi l'inverno, così mite e breve, quanto sia maligna la primavera, quanto fuori stagione il freddo e altre sciocchezze tipiche di chi non ha argomenti? Ti scriverò invece, qualcosa che possa essere utile a entrambi. E che altro se non esortarti alla saggezza? Chiedi quale ne sia il fondamento? Non compiacersi delle vanità.

Ho detto il fondamento: dovevo dire il culmine. E lo raggiunge chi sa di che cosa gioire, chi non mette la sua felicità nelle mani d'altri; è preoccupato e insicuro l'uomo che si lascia sedurre da una qualche speranza, anche se l'ha a portata di mano, anche se non è difficile a realizzarsi, anche se non è mai stato deluso nelle sue attese

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