I vantaggi di una vita dura (versione latino Seneca)

I vantaggi di una vita dura
Autore: Seneca

Quid mirum, si dure generosos spiritus deus temptat? numquam uirtutis molle documentum est. Verberat nos et lacerat fortuna: patiamur.

Non est saeuitia, certamen est, quod saepius adierimus, fortiores erimus: solidissima corporis pars est quam frequens usus agitauit. Praebendi fortunae sumus, ut contra illam ab ipsa duremur: paulatim nos sibi pares faciet, contemptum periculorum adsiduitas periclitandi dabit. Sic sunt nauticis corpora ferendo mari dura, agricolis manus tritae, ad excutienda tela militares lacerti ualent, agilia sunt membra cursoribus: id in quoque solidissimum est quod exercuit. Ad contemnendam patientiam malorum animus patientia peruenit; quae quid in nobis efficere possit scies, si aspexeris quantum nationibus nudis et inopia fortioribus labor praestet. Omnes considera gentes in quibus Romana pax desinit, Germanos dico et quidquid circa Histrum uagarum gentium occursat: perpetua illos hiemps, triste caelum premit, maligne solum sterile sustentat; imbrem culmo aut fronde defendunt, super durata glacie stagna persultant, in alimentum feras captant. Miseri tibi uidentur? nihil miserum est quod in naturam consuetudo perduxit; paulatim enim uoluptati sunt quae necessitate coeperunt. Nulla illis domicilia nullaeque sedes sunt nisi quas lassitudo in diem posuit; uilis et hic quaerendus manu uictus, horrenda iniquitas caeli, intecta corpora: hoc quod tibi calamitas uidetur tot gentium uita est. 16. Quid miraris bonos uiros, ut confirmentur, concuti? non est arbor solida nec fortis nisi in quam frequens uentus incursat; ipsa enim uexatione constringitur et radices certius figit: fragiles sunt quae in aprica ualle creuerunt. Pro ipsis ergo bonis uiris est, ut esse interriti possint, multum inter formidolosa uersari et aequo animo ferre quae non sunt mala nisi male sustinenti.


Che c'è di strano, dunque, se Dio tenta con dure prove gli animi generosi? Non è facile dar segno della propria virtù. Sopportiamo le piaghe della sorte, quando essa ci assale e ci flagella, non per masochismo, ma perché si tratta di una battaglia, e saremo tanto più forti quanto più spesso la sosterremo. La parte più robusta del nostro corpo è quella sottoposta a stimoli maggiori e più frequenti. Dobbiamo esporci agli assalti della cattiva sorte per uscire rafforzati dalle sue stesse percosse: sarà lei a poco a poco a farci uguali a sè e la continua familiarità col rischio ce ne darà anche il disprezzo. È cosí che il fisico dei marinai s'incallisce alla rigida vita del mare e le mani dei contadini s'induriscono al lavoro. Non c'è disprezzo del male se prima non lo si sopporta, e se si vuole avere un'idea di quanta pazienza sia capace l'uomo si guardi quanto renda la fatica a quei popoli che sono privi di ogni cosa e fatti duri dal bisogno. Osserva tutte quelle genti a cui si è spinta la pace romana, intendo dire i Germani e quanti altri s'incontrano errabondi nella regione dell'Istro: un inverno continuo, interminabile, un cielo grigio li opprime, una terra infeconda li nutre a malapena; si riparano dalla pioggia in capanne di paglia e di rami, camminano su acque stagnanti indurite dal gelo e vanno a caccia di belve, loro unico cibo. Ti sembrano infelici? No, non c'è infelicità in ciò che l'abitudine ha trasformato in una condizione di vita naturale, tanto che quel che s'è cominciato a fare per necessità a poco a poco diventa persino piacevole.

Quei nomadi non hanno altra casa, altra dimora che quella occasionale in cui li porta di giorno in giorno, per riposarsi, il loro spostarsi continuo e senza meta. Perdipiù vanno a corpo nudo, in un clima così rigidamente ostile, mangiano poco e quel poco devono procurarselo con le proprie mani. Ebbene, questa che a te sembra una disgrazia, per tanti popoli è la vita. Non ti stupire, dunque, se gli uomini buoni sono così tartassati, in ciò sta appunto la loro forza. Un albero non diventa solido e robusto se non è continuamente investito dal vento e sono queste raffiche che ne fanno il fusto compatto e ne rinsaldano le radici, che si abbarbicano con maggior forza al terreno; fragili sono invece quegli alberi che crescono in una valle tranquilla, esposta solo ai raggi del sole. Perciò nel loro stesso interesse, affinché nulla possa atterrirli, è necessario che i buoni attraversino spesso esperienze dolorose, sopportando con animo sereno ciò che non è di per se stesso un male ma che diventa tale solo per chi non è disposto a sopportarlo.

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