L'insegnamento di Epicuro sugli dei

Deos nemo sanus timet; furor est enim metuĕre salutaria, nec quisquam amat, quos timet....

Nessuno ragionevole teme gli dèi; è pazzia, infatti, temere le cose buone, e nessuno ama quelli che teme. Tu infine, o Epicuro, consideri il dio impotente, gli hai tolto tutte le armi, tutta la potenza e, affinché nessuno lo tema, lo hai gettato al di là della paura.

Infatti lo hai circondato con una sorta di muro grande e invalicabile, e non hai alcuna ragione per venerarlo, una volta che è stato separato dal contatto e dallo sguardo dei mortali; non ha alcuna influenza:

non può concedere niente agli uomini, né nuocere loro in alcun modo; abbandonato nello spazio in mezzo fra questo e l'altro mondo, senza un animale, senza un uomo, senza una cosa, egli evita le rovine dei mondi che precipitano sopra ed intorno a sé, e non esaudisce le preghiere, e non è curioso di noi. Eppure desideri che veneriamo costui con animo riconoscente, non diversamente da un genitore; ma, se non ricevi nessun suo favore, perché lo veneri?

Per la sua maestà straordinaria – dici – e per l'eccezionale natura. Come ti concederò, in realtà fai questo spinto da nessun guadagno, da nessuna prospettiva; dunque esiste qualcosa, che deve essere ricercato di per sé, di cui ti attira la dignità stessa, ciò è la virtù.

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