La dignitosa fermezza di P. Rutilio (Versione latino Valerio Massimo)

La dignitosa fermezza di P. Rutilio
Versione latino Valerio Massimo
Traduzione dal libro Primus Liber pagina 83 Numero 4

P. rutilii pluris verba an facta aestimem nescio; na utrisque aeque admirabile inest robur....

Essendosi P. Rutilio opposto ad una richiesta ingiusta di un certo amico, ed avendogli costui detto, oltremodo indignato:

"A che mi serve la tua amicizia, se non fai quanto ti chiedo?" rispose: "0 piuttosto cosa serve a me la tua amicizia, se a causa tua sto per commettere qualcosa di disonesto?" La sua azione fu conforme alle sue parole, poiché fu riconosciuto colpevole più per dissenso fra gli ordini che per qualche sua colpa, non indossò una veste sdrucita, non depose le insegne di senatore, non tese le mani supplici alle ginocchia dei giudici, non pronunciò parola più umile a fronte delle splendore degli anni passati (non umiliò il suo linguaggio rispetto a quando era in auge), e fece in modo che il pericolo non fosse un ostacolo alla sua dignità, ma una dimostrazione.

E anche quando la vittoria di Siila gli consentiva di tornare in patria, restò in esilio, per non fare nulla contro le leggi.

Stesso titolo ma diversa

Nescio an aestimem pluris P. Rutilii verba an facta; nam utrisque aeque admirabile inest robur....

Non so se io debba stimare maggiormente le azioni o le parole di P. Rutilio. Infatti in entrambe vi è un vigore ugualmente degno di ammirazione.

Infatti quando si opponeva ad un’ingiusta richiesta di qualche amico e avendogli quello detto, preso da grandissimo sdegno: ”A cosa quindi mi serve la tua amicizia, se non fai quello che ti chiedo?”, rispose: “Anzi, a cosa serve ame la tua, se a causa tua sto per compiere qualcosa di disonesto?” Coerente con queste parole fu quell’opera, poiché, divenuto colpevole più per il rifiuto delle richieste che per una qualche sua colpa né si mise la vecchia veste, né depose le insegne del senatore, né tese le mani supplichevoli alle ginocchia dei giudici, né disse alcunchè di più umile dello splendore degli anni passati, e fece sì che il pericolo non fosse un ostacolo alla serietà di quello, ma la prova.

E anche quando la vittoria di Silla gli garantì il ritorno in patria, restò in esilio per non fare alcunché contro le leggi. E perciò non dubito che Rutilio meriti il soprannome di “Felice” più di Silla.

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