Lealtà di Gaio Blossio verso Tiberio Gracco

Valerio Massimo Vertendi ite

Inizio: Inimicus patriae fuisse Ti. Gracchus existimatus est, nec immerito, ... Fine: ne qua ex parte infelicis amicitiae memoriam deserĕret, tuēri voluit.

Tiberio Gracco è stato ritenuto essere stato nemico della patria, e non ingiustamente, poiché aveva anteposto la sua alla salvezza di essa. Vale la pena di conoscere come abbia egli avuto un amico, il cumano Gaio Blossio, di salda fedeltà pur in questo tanto malvagio proposito.

Per quanto giudicato nemico della repubblica, suppliziato a morte, privato dell'onore della sepoltura, tuttavia non gli venne meno la sua benevolenza. Difatti, poiché il senato ebbe dato incarico ai consoli Rupilio e Lenate di provvedere, secondo l'uso avito, contro i partigiani di Tiberio e Blossio si fu recato a chiedere perdono presso Lelio, principale consigliere dei consoli, e a giustificarsi adducendo di essergli stato amico, quando Lelio gli chiese:

"che cosa? Se Gracco ti avesse ordinato di dar fuoco al tempio di Giove Ottimo Massimo, l'avresti fatto in nome di questa amicizia di cui fai vanto?", rispose: "Gracco non avrebbe mai dato un ordine simile!" Se avesse taciuto, chi avrebbe potuto fargliene colpa?

Chi non l'avrebbe considerato persino saggio, se avesse parlato adattandosi alle circostanze? Ma Blossio non volle proteggersi con un decoroso silenzio o con prudenti parole, per non abbandonare nemmeno minimamente il ricordo di quella sfortunata amicizia.

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