Morte gloriosa di Epaminonda (Versione latino Valerio Massimo)

Morte gloriosa di Epaminonda
versione latino Autore: Valerio Massimo

Epaminondas, maxima Thebarum felicitas idemque Lacedaemonis prima clades, cum vetustam eius urbis gloriam inuictamque ad id tempus publicam...

Epaminonda, che per aver fiaccato la gloria antica e il valore fino a quel tempo invitto di Sparta con le vittoriose battaglie di Leuttra e di Mantinea s'identifica col massimo splendore di Tebe e insieme con la prima disfatta spartana, trafitto da un'asta, mentre perdeva sangue e il respiro gli veniva meno, a coloro che tentavano di soccorrerlo, chiese come prima cosa se il suo scudo fosse salvo, poi se i nemici fossero stati sbaragliati.

E saputo che tutto era andato come desiderava, «Ciò», disse, «non segna la fine della mia vita, ma un inizio migliore e più t: il vostro Epaminonda nasce ora, perché cosi muore. Vedo che Tebe sotto la mia guida è diventata la città egemone della Grecia, mentre la potente e coraggiosa Sparta giace umiliata dalle nostre armi. La Grecia è ormai libera dalla sua odiosa tirannide: pur non avendone generati, non muoio senza figli, perché lascio, quali splendide mie figlie, le vittorie di Leuttra e di Mantinea.

Quindi ordinò che gli estraessero dal corpo l'asta e si spense con la stessa espressione sul viso, con cui sarebbe entrato vincitore in Tebe, se gli dèi gli avessero concesso di godersi le sue vittorie.

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