Rispetto per gli avversari - Valerio Massimo

Rispetto per gli avversari Versione latino Valerio Massimo
Dal libro le ragioni del latino e libro cotidie legere
versione dal libro Le ragioni del latino

Inizio: Acerrime cum Scipione Africano Macedonicus dissenseratsed tamen, cum interemptum esse scipionem audisset, metellus in publicum se proripuit maestoque vultu et voce confusa: "...

Il Macedonico Metello era stato in grandissima amicizia con Scipione l'Africano, e il loro scontro era degenerato da una semplice rivalità nell'ostentazione del loro valore, ad una grave e testata inimicizia: tuttavia, quando udì che si gridava che Scipione era morto', si precipitò in pubblico e disse, con volto mesto e con voce tremante: "Cittadini, accorrete, accorrete.

Le mura di Roma sono crollate: infatti, un'infame forza ha colpito Scipione Africano, mentre riposava nella sua casa tra i suoi penati O repubblica, parimenti misera per la morte dell'Africano e felice per l'esclamazione di dolore di Metello, così piena di valore umano e civile Nello stesso istante, infatti, che grande condottiero hai perduto e che (altrettanto) grande (uomo e condottiero) hai riscontrato d'avere.

dal libro cotidie legere (diversa)

M. Pomponio accusava L. Manlio di aver violato la legge e di eccessiva severità, giacché Manlio, contravvenendo alle leggi, aveva protratto i giorni della propria dittatura ed aveva segregato il figlio Tito dal consorzio umano, costringendolo a vivere in campagna.

Della qual cosa Tito si rincresceva moltissimo. Ciononostante, quando Tito venne a sapere che il padre aveva delle noie da Pomponio, fece ritorno a Roma di nascosto e, giunto sul far del giorno a casa sua, impugnata la spada sopra il capo di lui, lo costrinse a giurare che avrebbe desistito dall'accusa di Manlio.

A Pomponio, ch'era tribuno della plebe, interessava moltissimo accusare Manlio, sostenitore dei patrizi, eppure, benché avesse giurato costretto con la forza e atterrito dalla spada, rinunciò all'accusa e mantenne la parola data. Tanto grande era ritenuto il valore del giuramento, presso gli antichi, che la lealtà veniva anteposta a qualsivoglia vantaggio. Si riteneva, in effetti, che fosse di sommo interesse per lo Stato che i cittadini fossero non solo valorosi, ma anche onesti e leali, e disposti a subire ogni cosa piuttosto che venir meno alla parola data. A (buon)

diritto, dunque, presso di loro furono tenuti sempre in gran conto quei cittadini che mantennero, con scrupolo d'onore, la parola data; di contro, furono puniti con l'ignominia, con la perdita dei diritti civili, con l'esilio o con la prigione coloro che avessero considerato di nessun conto un giuramento e violato.

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