Riforme di Gaio Gracco - Versione Velleio Patercolo

Velleio Patercolo

Decem deinde interpositis annis, qui Ti. Graccum idem Gaium fratrem eius occupavit furor, tam virtutibus eius omnibus quam huic errori similem, ingenio etiam eloquentiaque longe praestantiorem....

Poi passati 10 anni, la follia che invase Tiberio invase ugualmente anche Gaio Gracco, per ogni virtù simile a quello quanto lo era anche nell'errore, ma per ingegno ed eloquenza era lui senza dubbio ad essere il più bravo.

Non appena costui, con la più salda tranquillità d'animo, ebbe l'occasione di mettersi a capo della città, quando assunse la carica di tribuno, certo più in virtù del voler vendicare la morte del fratello o di rafforzare la potenza regale di se stesso, si mise a richiedere riforme ancora più ambiziose e astiose:

concedeva la cittadinanza a tutti gli Italici, la voleva estendere quasi fino alle Alpi, divideva i campi, vietava a qualsiasi cittadino di avere in proprietà più di cinquecento iugeri, limite che un tempo era stato già fissaro dalla lex Licinia, istituiva nuove tasse commerciali, riempiva le province di nuovi coloni, trasferiva le corti giudicanti dal senato ai cavalieri, istituiva la distribuzione di frumento alla plebe;

nulla era più stabile, nulla era più sicuro, nulla era più calmo, perché nulla, nello stesso stato, aveva lasciato immutato

Riforme di Gaio Gracco
Dal libro Il latino di Base Versione 1 pagina 232

Quippe Tiberius Gracchus, Tiberii Gracchi clarissimi atque eminentissimi viri filius, P. Africani ex filia nepos, quo quaestore et auctore...

Poiché Tiberio Gracco, figlio di Tiberio Gracco, uomo notissimo ed eminente, nipote, attraverso una figlia, di Publio Africano, per mezzo del quale, mentre era questore e sotto i suoi auspici quel trattato era stato concluso, ora sopportando malamente che un patto, da Lui stipulato, fosse abolito, ora invece temendo che simile fosse La differenza tra un giudizio comminato e una pena inflitta, fu creato tribuno della plebe, uomo per altri versi il più innocuo, estremamente prolifico di ingegno, di propositi sacrosanti, adorno di così tante virtù quante ne ebbe accolto una condizione mortale perfetta sia per natura che per esercizio, durante il consolato di P. Mucio Scevola e L. Calpurnio Pisone centosessantadue anni fa, si stacco dai boni, promise La cittadinanza a tutta L'Italia e allo stesso tempo, promulgate delle Leggi agrarie allorché tutti bramavano [La terra] allo stesso modo, mescolò L'alto e il basso e condusse La res publica alla rottura e a un pericolo di divisione.

Abbrogò La carica del suo collega Ottavio che gli resisteva in nome deìl bene pubblico creò un triumvirato per dividere Le terre e dedurre colonie formato da Lui stesso, suo suocero il consolare Appio e Gaio suo fratello, che era ancora giovane

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