Madri e figli - Versione latino lucrezio

Praeterea genus humanum mutaeque natantes...

Il genere umano e i muti, nuotanti branchi dei pesci squamosi e gli opimi armenti e le fiere e i vari uccelli, che popolano le amene dimore delle acque intorno a spiagge e fonti e laghi, e che percorrono i boschi inaccessi volandovi attraverso - prendine uno qualunque in rapporto agli altri della stessa specie:

troverai tuttavia che differiscono tra loro nelle figure. Né altrimenti la prole potrebbe conoscere la madre, né la madre la prole; mentre vediamo che lo possono, e che non meno degli uomini si conoscono tra loro. Così, spesso davanti agli splendidi templi degli dèi un vitello cade immolato presso gli altari su cui brucia l'incenso, esalando dal petto un caldo fiume di sangue. E la madre orbata, vagando per verdi pascoli, cerca sul terreno le orme impresse dai piedi bisulchi, fruga con gli occhi ogni luogo, per vedere se possa in qualche parte scorgere la creatura che ha perduta; e riempie di lamenti il bosco frondoso, sostando; e sovente ritorna alla stalla, trafitta dal rimpianto del giovenco; e i teneri salici e le erbe rinverdite dalla rugiada e quelle sue acque, scorrenti a fior delle rive, non possono dar diletto al suo animo e sviare l'affanno che l'ha presa, né la vista di altri vitelli per i pascoli in rigoglio può distrarre il suo animo e alleviarne l'affanno: tanto essa ricerca qualcosa che è sua propria e che le è nota. Inoltre, i teneri capretti che han tremule voci riconoscono le madri dalle fronti cornute, e i cozzanti agnelli le pecore che belano: così, come esige la natura, ciascuno generalmente accorre alle mammelle del suo latte.

Infine, in qualunque specie di frumento vedrai che i grani, ciascuno nel suo genere, non sono tuttavia tutti simili fra loro, sì che non corra una certa differenza tra le forme. E con simile differenza vediamo la specie delle conchiglie dipingere il grembo della terra, là dove con molli onde l'acqua del mare batte la sabbia assetata del lido incurvato. Pertanto, ancora e ancora: poiché i primi principi delle cose esistono per natura, e non sono foggiati da una mano secondo la forma determinata di uno solo, similmente occorre che certe loro specie volteggino con figure tra loro dissimili. È molto facile per noi spiegare col ragionamento perché il fuoco del fulmine abbia un flusso molto più penetrante di questo nostro, sorto da fiaccole terrestri. Puoi dire infatti che il celeste fuoco del fulmine è più sottile per la piccolezza dei suoi elementi, e perciò passa attraverso forami per cui non può passare questo nostro fuoco sorto dalle legna e prodotto dalla fiaccola. Inoltre la luce passa attraverso il corno, ma la pioggia è respinta. Per quale causa, se non perché quei corpi di luce sono più piccoli di quelli di cui consta il liquido dell'acqua che dà vita? E vediamo che il vino fluisce attraverso il colatoio con tutta l'istantaneità che vuoi; ma, al contrario, l'olio indugia tardo:

evidentemente perché è composto di elementi più grandi oppure più uncinati e più intrecciati tra loro, e perciò accade che i primi principi non possano staccarsi in modo abbastanza repentino per passare ciascuno isolatamente dagli altri attraverso i singoli forami di ogni cosa. A ciò s'aggiunge che i liquidi del miele e del latte s'assaporano in bocca con piacevole sensazione della lingua; ma al contrario la ripugnante natura dell'assenzio e la selvaggia centaurea fanno storcere la bocca col sapore repellente; sì che puoi facilmente riconoscere che di atomi lisci e rotondi son fatte quelle cose che possono piacevolmente toccare i sensi, mentre al contrario tutte quelle che si trovano amare e aspre, son tenute intrecciate tra loro da atomi più uncinati e perciò sogliono lacerare le vie dei nostri sensi ed entrando far violenza al corpo. Tutte le cose, infine, che per i sensi son buone o cattive a toccarsi, contrastano tra loro perché son composte di atomi di forme differenti

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