Un episodio atroce

Un episodio atroce Plinio il Giovane

Rem atrocem nec tantum epistula dignam Larcius Macedo vir praetorius a servis suis passus est, superbus alioqui dominus et saevus, et qui servisse patrem suum parum, immo nimium meminisset....

Un trattamento atroce e degno di ben più di una lettera subì dai propri servi Larcio Macedo, pretore, peraltro padrone superbo e crudele e che ricordava poco che suo padre aveva servito, anzi (lo ricordava) troppo.

Faceva il bagno nella villa di Formia. All’improvviso i servi lo circondano, uno (gli) chiude la bocca, uno (gli) colpisce il volto, uno il petto ed il ventre ed anche, terribile a dirsi, le parti vergognose (= le parti intime); poi, ritenendolo morto, lo gettano su di un pavimento infuocato, per sperimentare se fosse vivo. Quello, sia che non sentisse, sia che fingesse di non sentire, immobile e disteso confermò l’opinione della sopraggiunta morte.

Allora finalmente, quasi sciolto dal calore, viene tirato via: (lo) prendono i servi più fedeli, le concubine accorrono con lamenti ed urla (lett. al singolare). Così, rianimato dalle voci e ristorate dalla frescura del luogo, alzati gli occhi e mosso il corpo, dimostra di vivere ancora (ormai era al sicuro).

Scappano i servi; la maggior parte di quelli è stata presa, gli altri sono ricercati; quello stesso (= Larcio Macedo), richiamato appena per pochi giorni alla vita, è morto non senza la consolazione della vendetta, vendicato da vivo così come sono soliti (essere vendicati) gli uccisi.

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