il discorso dei Meli: la legge del più forte

οἱ δὲ Μήλιοι Λακεδαιμονίων μέν εἰσιν ἄποικοι, τῶν δ’ Ἀθηναίων οὐκ ἤθελον ὑπακούειν ὥσπερ οἱ ἄλλοι νησιῶται, ἀλλὰ τὸ μὲν πρῶτον οὐδετέρων ὄντες ἡσύχαζον, ἔπειτα ὡς αὐτοὺς ἠνάγκαζον οἱ Ἀθηναῖοι δῃοῦντες τὴν γῆν, ἐς πόλεμον φανερὸν κατέστησαν. στρατοπεδευσάμενοι οὖν ἐς τὴν γῆν αὐτῶν τῇ παρασκευῇ ταύτῃ οἱ στρατηγοὶ Κλεομήδης τε ὁ Λυκομήδους καὶ Τεισίας ὁ Τεισιμάχου, πρὶν ἀδικεῖν τι τῆς γῆς, λόγους πρῶτον ποιησομένους ἔπεμψαν πρέσβεις.

οὓς οἱ Μήλιοι πρὸς μὲν τὸ πλῆθος οὐκ ἤγαγον, ἐν δὲ ταῖς ἀρχαῖς καὶ τοῖς ὀλίγοις λέγειν ἐκέλευον περὶ ὧν ἥκουσιν. οἱ δὲ τῶν Ἀθηναίων πρέσβεις ἔλεγον τοιάδε. [...]Ημεις τοινυν ουτε αυτοι μετ ονοματων καλων, ως η δικαιως τον Μηδον καταλυσαντες αρχομεν η αδικουμενοι νυν επεξερχομεθα, λογων μηκος απιστον παρεξομεν, ουθ υμας αξιουμεν η οτι Λακεδαιμονιων αποικοι οντες ου ξυνεστρατευσατε η ως ημας ουδεν ηδικηκατε λεγοντας οιεσθαι πεισειν, τα δυνατα δ εξ ων εκατεροι αληθως φρονουμεν διαπρασσεσθαι, επισταμενους προς ειδοτας οτι δικαια μεν εν τω ανθρωπειω λογω απο της ισης αναγκης κρινεται, δυνατα δε οι προυχοντες πρασσουσι και οι ασθενεις ξυγχωρουσιν.

Melo è una colonia degli Spartani: per nulla disposta ad inchinarsi, imitando gli altri isolani, alla grandezza di Atene.

Nelle fasi iniziali del conflitto i Meli si mantenevano in sapiente equilibrio tra gli stati in lotta: ma in seguito, sforzati dagli Ateniesi che ne devastavano il territorio, ruppero la propria neutralità e fu guerra aperta. Dunque, piantato il campo sul suolo dei Meli con gli effettivi militari di cui s'è dato cenno gli strateghi Cleomede, figlio di Licomede, e Tisia, figlio di Tisimaco, prima di infliggere danni al paese mandarono un'ambasceria con l'intento di intavolare subito dei preliminari. I Meli non introdussero al cospetto della moltitudine i delegati ma li invitarono ad esprimere le ragioni della visita alla presenza delle autorità più alte e dei notabili.

E gli ambasciatori ateniesi esposero questi punti: [...] «D'accordo. Dal canto nostro rinunciamo all'armamentario fastoso dell'eloquenza, alla retorica interminabile di quei discorsi celebrativi che non danno frutto. Sicché non ribadiremo che per avere demolito la prepotenza persiana, rifulge per noi il diritto all'impero, o che la nostra attuale campagna è la replica a un attentato inferto al nostro onore. Ma si pretende qui che neppure voi tentiate di piegarci giustificando il vostro rifiuto di fornire leve all'armata con la circostanza che siete coloni di Sparta, o soggiungendo che nei nostri riguardi siete innocenti e puri. Sentite: sforziamoci di restringere le ipotesi di compromesso nei confini del realizzabile, attingendole ciascuno ai principi più autentici cui ispira, di norma, la sua condotta.

Siete consapevoli quanto noi che i concetti della giustizia affiorano e assumono corpo nel linguaggio degli uomini quando la bilancia della necessità sta sospesa in equilibrio tra due forze pari. Se no, a seconda; i più potenti agiscono, i deboli si flettono. »

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