TUCIDIDE LE STORIE Libro VI capitolo 31 - Testo greco e traduzione

Le storie - Tucidide LIBRO 6 capitolo 31
Testo greco e traduzione

[6. 31. 1] καὶ ἐν τῷ παρόντι καιρῷ, ὡς ἤδη ἔμελλον μετὰ κινδύνων ἀλλήλους ἀπολιπεῖν, μᾶλλον αὐτοὺς ἐσῄει τὰ δεινὰ ἢ ὅτε ἐψηφίζοντο πλεῖν·...

TRADUZIONE

Ed ecco fu l'ora, e in procinto di separarsi verso un futuro denso di minacce, sentivano insinuarsi nei cuori uno sgomento più forte di quando decretarono in assemblea la campagna oltremarina:

pure era una consolazione accompagnare con l'occhio la generosità spiegata in ogni particolare, e cogliere il senso di forza che dall'ordinato complesso spirava.

I forestieri e l'altra moltitudine erano accorsi curiosi, nel presentimento d'assistere a un'esperienza di singolare interesse, a un progetto che pareva chimerico. Poiché fu questo il primo armamento varato con le proprie forze da un'unica città con equipaggi interamente greci, il più largo di mezzi e il più magnifico tra quanti, fino a quei tempi, s'erano mai allestiti. Per numero di unità navali e di fanterie anche la campagna di Pericle contro Epidauro, poi condotta da Agnone contro Potidea, non era riuscita inferiore: all'offensiva navale partecipavano allora quattromila opliti cittadini, trecento cavalieri e cento triremi, oltre a cinquanta provenienti da Lesbo e da Chio. Al seguito, presagendo un lungo periodo di campagna; e con l'aggiunta del liquido che per ragioni di traffico ognuno, armato o mercante, portava con sé all'imbarco l'importo in talenti delle fortune che uscivano da Atene toccava, nell'insieme, una quota ragguardevole. E questa spedizione rimase celebre non meno per lo spettacoloso ardimento e il fulgido quadro che offriva all'occhio, che per la supremazia strategica sul nemico che si andava ad attaccare; perché inoltre, era l'offensiva transmarina inferta agli obiettivi più remoti che mai in passato dalle proprie basi, e l'impresa scortata dalle speranze più liete per l'avvenire, nate ammirando le disponibilità presenti. Ed ecco fu l'ora, e in procinto di separarsi verso un futuro denso di minacce, sentivano insinuarsi nei cuori uno sgomento più forte di quando decretarono in assemblea la campagna oltremarina: pure era una consolazione accompagnare con l'occhio la generosità spiegata in ogni particolare, e cogliere il senso di forza che dall'ordinato complesso spirava. I forestieri e l'altra moltitudine erano accorsi curiosi, nel presentimento d'assistere a un'esperienza di singolare interesse, a un progetto che pareva chimerico. Poiché fu questo il primo armamento varato con le proprie forze da un'unica città con equipaggi interamente greci, il più largo di mezzi e il più magnifico tra quanti, fino a quei tempi, s'erano mai allestiti. Per numero di unità navali e di fanterie anche la campagna di Pericle contro Epidauro, poi condotta da Agnone contro Potidea, non era riuscita inferiore: all'offensiva navale partecipavano allora quattromila opliti cittadini, trecento cavalieri e cento triremi, oltre a cinquanta provenienti da Lesbo e da Chio. Al seguito, naturalmente, una folla varia di alleati. Ma l'azione in quella circostanza si protendeva per breve raggio, allestita con uno spiegamento di forze ordinario. Quest'ultima flotta, invece, salpava per una campagna che si presagiva di lunga durata, forte di un duplice armamento per affrontare, ove si presentasse l'urgenza uno scontro sia sui mari che di fanterie. La squadra navale esigeva un impegno poderoso da parte dei trierarchi e dell'economia statale. Il tesoro pubblico passava ai marinai una dracma giornaliera di soldo a testa: aveva inoltre fornito gli scafi di sessanta vascelli da combattimento, quaranta di navi per trasporto truppe, con ai remi ciurme selezionate. I trierarchi s'erano assunti spontaneamente l'obbligo di versare alla classe dei traniti e al personale specializzato di bordo un soprassoldo sulla paga corrisposta di denaro statale, provvedendo inoltre ai fregi e alle preziose suppellettili di ogni bastimento;

e ogni trierarca aveva profuso energie e capitali senza risparmio, purché il proprio vascello spiccasse per il lusso degli ornamenti e la scorrevolezza sul mare. Nell'armata terrestre militavano, tratti da leve meticolose, elementi scelti, in mezzo ai quali s'era accesa una rivalità appassionata tra chi sfoggiasse le armi migliori e l'equipaggiamento più efficiente. Si trovò che non solo in seno all'armata dominava lo spirito d'emulazione, a seconda del servizio cui ciascuno era stato assegnato, ma che l'operazione nel suo complesso si poteva intendere più come una parata dimostrativa della potenza e grandezza ateniesi agli occhi degli altri Greci, che un reale armamento ai danni dei nemici. Se infatti si fosse tenuto calcolo dello sforzo finanziario sostenuto dall'erario pubblico e delle somme che i partenti recavano via con sé; delle spese già versate dallo stato e dei fondi consegnati agli strateghi in partenza; delle cifre elargite dai singoli per attrezzarsi e da ogni trierarca per armare la propria nave, oltre a quelle tenute con se di riserva, in vista d'impegni futuri e inoltre, senza contare il soldo governativo, di tutto quanto era prevedibile che ciascuno si rifornisse per far fronte ad ogni evenienza di viaggio,

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