La morte di Camilla - VIRGILIO (Eneide) versione latino

Forte sacer Cybelo Chloreus olimque sacerdos insignis longe Phrygiis fulgebat in armis spumantemque agitabat equum, quem pellis aenis in plumam squamis auro conserta tegebat....

Accadde che Cloreo, sacro alla Dea Cibele e un tempo suo sacerdote, brillasse di lontano di splendide armi frigie, spronando un cavallo schiumoso, ricoperto d'una pelle guarnita di squame di bronzo in forma di piume con belle fibbie d'oro.

Lucente di porpora spagnola, color ruggine, Cloreo vibrava frecce gortinie con un arco di Licia, tutto d'oro; aveva un elmo d'oro, e un nodo d'oro fulvo gli chiudeva la clamide di lino giallo, frusciante di pieghe sulla tunica ricamata e sugli alti barbarici schinieri. la fanciulla va in caccia ciecamente del fulgido sacerdote, lo insegue attraverso la folla dei combattenti, vuole lui solo in mezzo a tanti; o per portarne le armi in offerta agli Dei o forse per ornarsi di tanto oro. Bruciava di femminile voglia per quella bella preda e non pensava ad altro, incauta. Ed ecco, Arunte cogliendo l'occasione avventa a tradimento l'asta e invoca i Celesti: "Apollo, protettore del santo Soratte; grande Dio che onoriamo più di chiunque: tu cui sale la vampa del rogo di pini sul quale noi montiamo adorandoti, certi della tua compassione, calcando i nostri passi attraverso le fiamme sull'alta brace: Padre onnipotente, fa' che l'arma mia cancelli quest'obbrobrio! Non chiedo le spoglie né il trofeo della vergine uccisa né alcuna preda: altre saranno le gesta che mi daranno gloria! Mi basta ritornare in patria senza lodi, purché questo flagello muoia per la mia mano. " Febo l'udì e permise che una parte del voto andasse a compimento, ma l'altra la disperse, la scompigliò nel cielo: acconsentì a che Arunte uccidesse Camilla di sorpresa, proibì che la sua patria illustre lo vedesse tornare.

Quest'ultima preghiera la rubarono i venti. Il giavellotto di Arunte ronzò attraverso l'aria: i Volsci trepidarono e rivolsero gli occhi alla regina. Lei non s'accorse di nulla, né dell'aria percossa né del fischio dell'asta che scendeva dall'alto, finché velocissima s'infisse sotto il seno scoperto e penetrando profondamente bevve quel sangue verginale. Accorrono tremando le compagne e sorreggono la loro signora che cade. Esterrefatto per la gioia e il terrore Arunte fugge via e non osa affidarsi di nuovo alla sua lancia affrontando Camilla. Come un lupo che - ucciso un pastore od un grosso giovenco - ben sapendo d'averla fatta grossa scappa alla disperata prima che i giavellotti lo inseguano, smarrito, senza riposo, in cerca d'un rifugio sui monti, e nasconde la coda tra le gambe e s'interna nei boschi: così Arunte si sottrasse sconvolto agli occhi dei nemici confondendosi in mezzo agli armati, felice d'essersi posto in salvo.

Camilla muore: tenta di strapparsi dal petto la lancia, ma la punta di ferro è piantata profondamente in mezzo alle costole. Esangue vacilla, i suoi occhi si spengono nel gelo della morte, il suo volto rosato impallidisce. Spirando si rivolge ad Acca, la più cara delle compagne, la sola confidente di tutti i segreti, e le dice in un sussurro: "O Acca, sorella mia, non posso... più... Mi finisce l'aspra ferita... Tutto, intorno, affonda nelle tenebre... Corri da Turno, portagli quest'ultimo messaggio: venga a sostituirmi, allontani i Troiani dalla città in pericolo... E adesso addio. " Ciò detto abbandonò le redini, scivolò dalla sella, si accasciò sul terreno, diventò poco a poco sempre più fredda. Infine reclina il collo languido e la testa già invasa dalla morte, lasciando cadere al suolo le armi. Con un acuto gemito la sua vita sdegnosa cala giù tra le Ombre.

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