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Fuerat (animus) coniuratus corpus occisi (Cesaris) in Tiberim trahere, bona publicare, acta rescindere, sed metu Marci Antoni consulis et magistri equitum Lepidi destiterunt.Postulante ergo Lucio Pisone socero testamentum eius aperitur recitaturque in Antoni domo, quod Idibus Septembribus proximis in Lauicano suo fecerat demandaueratque uirgini Vestali maximae. Quintus Tubero tradit heredem ab eo scribi solitum ex consulatu ipsius primo usque ad initium ciuilis belli Cn. Pompeium, idque militibus pro contione recitatum. sed nouissimo testamento tres instituit heredes sororum nepotes, Gaium Octauium ex dodrante, et Lucium Pinarium et Quintum Pedium ex quadrante reliquo[s]; in ima cera Gaium Octauium etiam in familiam nomenque adoptauit; plerosque percussorum in tutoribus fili, si qui sibi nasceretur, nominauit, Decimum Brutum etiam in secundis heredibus. populo hortos circa Tiberim publice et uiritim trecenos sestertios legauit Funere indicto rogus extructus est in Martio campo iuxta Iuliae tumulum et pro rostris aurata aedes ad simulacrum templi Veneris Genetricis collocata; intraque lectus eburneus auro ac purpura stratus et ad caput tropaeum cum ueste, in qua fuerat occisus
i congiurati avevano in animo (avevano l'intenzione) di gettare il corpo dell'ucciso (di Cesare) nel Tevere, confiscare i suoi beni e annullare tutti i suoi atti, ma rinunciarono al proposito per paura del console M. Antonio e del maestro dei cavalieri Lepido.Su richiesta del suocero Lucio Pisone, fu aperto il suo testamento che venne letto nella casa di Antonio. Cesare lo aveva redatto alle ultime idi di settembre, nella sua proprietà di Lavico e lo aveva poi affidato alla Grande Vergine Vestale. Quinto Tuberone riferisce che egli non aveva mai cessato, dal suo primo consolato fino all'inizio della guerra civile, di designare come suo erede Cn. Pompeo e che davanti all'assemblea dei soldati aveva letto un testamento concepito in tal senso. In questo ultimo documento, però, nominò suoi eredi i tre nipoti delle sue sorelle, Gaio Ottavio per i tre quarti, Lucio Pinario e Quinto Pedio per il quarto rimanente; come codicillo dichiarava di adottare Gaio Ottavio, dandogli il proprio nome; molti dei suoi assassini erano designati come tutori dei figli che potevano nascere da lui, mentre Decimo Bruto era presente fra gli eredi di seconda linea. Assegnò al popolo, collettivamente, i suoi giardini in prossimità del Tevere e trecento sesterzi a testa. Quando venne stabilita la data del funerale, fu eretto il rogo nel Campo di Marte, presso la tomba di Giulia e si costruì in vicinanza dei rostri una cappella dorata sul modello del tempio di Venere Genitrice: all'interno fu collocato un letto d'avorio ricoperto di porpora e d'oro e alla sua testata fu posto un trofeo con gli abiti che indossava al momento della morte.