Corre il settimo anno, commilitoni, in cui, per vostro valore e con gli auspici dell’impero romano, avete vinto la Britannia con la nostra azione. Con tante spedizioni, con tante battaglie, o con forza d’animo contro i nemici o per perseveranza e quasi fatica contro la stessa natura delle cose, né io verso i soldati, né voi del comandante ci si pentì (paenĭtet (poenĭtet), paenĭtŭit, paenĭtēre). Per questo, lasciati io i termini degli antichi governatori, voi, i limiti dei precedenti eserciti, abbiamo in mano il territorio della Britannia, non per onore né per diceria, ma per vita militare e per guerre: la Britannia è conquistata e sottomessa (sŭbĭgo, is, ēgi, actum, ĕre).
Certamente spesso in marcia, mentre vi spossavano paludi, monti e fiumi, udivo le voci di ognuno di voi un fortissimo: «Quando ci si batterà con i nemici, quando si farà l’accampamento?»....
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