Il dolore aumenta se si cede ad esso

Ut saepe fit in proelio ut ignavus miles ac timidus, simul ac viderit hostem, abiecto scuto fugiat quantum possit, ... sed quia profundenda voce omne corpus intenditur venitque plaga vehementior.

TESTO LATINO COMPLETO

Come spesso succede in battaglia che un soldato vile e pauroso, non appena scorge il nemico, abbandonato lo scudo, fugge quanto sia possibile, e per la stessa causa  muore, mentre a colui che sta fermo non accade niente del genere, così quelli che non riescono a tollerare l'idea del dolore, si deprimono e cadono in battaglia (iaceo) afflitti ed attoniti; coloro che invece sono rimasti al loro posto, assai spesso riescono vincitori. Ci sono infatti alcune somiglianze dell'animo con il corpo.

Come i pesi sono trasportati più facilmente dai corpi tesi, assai similmente l'animo con la sua tensione allontana tutta la pressione dei pesi, mentre con la distensione viene schiacciata a tal punto da non riuscire a sollevarsi. Ma nel dolore bisogna soprattutto guardarsi da ciò, dal fare qualcosa vilmente, e si respinga innanzitutto quel grido di Filottete. Infatti l'uomo forte e saggio non si lamenta mai, tranne eventualmente per indursi alla resistenza.

Gli atleti fanno la stessa cosa, quando si allenano; invero i pugili, anche quando colpiscono l'avversario, gemono nell'agitare i cesti, non perché soffrano o vengano meno d'animo, ma perché, con l'emettere la voce, tutto il corpo si tende e il colpo giunge più forte.

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