L'anello di Gige - Urbis et Orbis versione Cicerone

L'anello di Gige Cicerone
versione latino libro URBIS ET ORBIS n. 720 pag. 340

Cum olim in Lydia magnis imbribus terra discessisset, Gyges, pastor regius, in illum hiatum descendit....

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Un tempo in Lidia essendosi aperta e sprofondata la terra per effetto di grandi e continue piogge, Gige - pastore del re - discese in quella voragine: lì scorse un cavallo di bronzo, nei fianchi del quale c'era una porticina.

Aperta questa, vide il corpo di un uomo morto di straordinaria grandezza, con un anello d'oro al dito. Gige, sottratto l'anello, si recò all'adunanza dei pastori.

Quivi, imparò a conoscere l'incredibile virtù dell'anello: infatti, ogni volta che rivolgeva il castone dell'anello verso il palmo (ovviamente è il palmo della mano), non era veduto da alcuno, mentre egli vedeva tutto; invece era veduto di nuovo], ogni volta che, rigirando l'anello, rimetteva l'anello a posto (nel luogo). E così, cogliendo l'opportunità che l'anello gli offriva, fece violenza alla regina, e così, con l'aiuto di lei, uccise il re e tolse di mezzo ministri e servitori;

né alcuno poté mai vederlo nell'atto di compiere questi delitti. Così, a un tratto, per virtù dell'anello, egli diventò re della Lidia

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