Un'accusa ingiusta
Ἤδη τοίνυν, ὦ βουλή, δῆλός ἐστι φθονῶν, ὅτι τοιαύτη κεχρημένος συμφορᾷ τούτου βελτίων εἰμὶ πολίτης... Τὴν μὲν οὖν ἐκ τῆς τέχνης εὐπορίαν καὶ τὸν ἄλλον τὸν ἐμὸν βίον, οἷος τυγχάνει, πάντας ὑμᾶς οἴομαι γιγνώσκειν. (Lisia)
Ormai dunque, o consiglio, è evidente che (l'accusatore) è invidioso, poiché pur soffrendo (χράομαι e dativo) tale sventura, sono un cittadino migliore di costui.
Infatti io credo, o consiglio, che le disgrazie del corpo si devono curare convenientemente con le occupazioni dell'anima.
Se infatti avrò la mente allo stesso livello della mia sventura e trascorrerò il resto della mia vita (lett: l'altra (mia) vita), in che cosa differirò da questo (accusatore)?...(CONTINUA)
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