Il topo di campagna e il topo di città - Versione latino da tutti i libri

Il topo di campagna e il topo di città
versione LATINO e traduzione da diversi libri

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Il topo di campagna e il topo di città
versione GRECO e traduzione da diversi libri

Traduzione versione greco Esopo dal libro gymnasion /Traduzione versione greco libro Antropon odoi /Traduzione versione greco libro Greco nuova edizione

Favola originale:

Olim rusticus urbanum murem mus paupere fertur accepisse cavo, veterem vetus hospes amicum asper et attentus quaesitis, ut tamen artum solveret hospitiis animum....

Si racconta che una volta un topo di campagna ospitò nella sua povera tana un topo di città, da vecchio ospite che accoglieva un vecchio amico, duro e attento alle cose guadagnate, che tuttavia scioglieva il suo animo gretto all’ospitalità.

Perchè dire di più? E quello non lesinò né i ceci scelti né l’avena dalle lunghe spighe; e portandoli in bocca gli diede chicco d’uva secco e pezzetti di lardo mezzo rosicchiati, desiderando vincere con una cena varia la riluttanza dell’ospite che a mala pena assaggiava le singole vivande con dente schizzinoso, mentre lo stesso padrone di casa mangiava sdraiato sulla paglia nuova il farro e il loglio, lasciando il meglio delle vivande.

Alla fine il topo di città gli domandò: ”Che gusto trovi, o amico, a vivere sopportando la povertà sulle pendici di questo bosco scosceso? Vuoi anteporre alle foreste inospitali uomini e città? Dammi retta, mettiti in cammino con me, amico, visto che le creature terrestri vivono avendo avuto in sorte anima mortale e che non c’è alcuna via di scampo alla morte, per il piccolo o per il grande: perciò, mio caro, finché è possibile, vivi felice tra le cose piacevoli, vivi memore di quanto tu sia di vita breve.

Allorchè queste parole colpirono il topo di campagna, egli balzò fuori lesto dalla tana; quindi entrambi intrapresero il cammino deciso, desiderando insinuarsi nottetempo nelle mura della città.

Altra stesura favola originale

Olim mus rusticus urbanum murem, veterem amicum suum, ad cenam in paupere cavo invitavit et hospit in humuli mensa ciceres et uvas aridas et duras vicini memoris glandes apposcuit....

Una volta, un topo di campagna invitò e ospitò un topo di città, un suo vecchio amico, a pranzo in una misera tana e servì in un’umile tavola ceci, uva secca e aspra e ghiande dal bosco vicino.

Il topo di città assaggiava appena quel cibo banale con gusto severo e disprezzava quegli alimenti contadini. Infine così esclamò: «Perché, o amico, conduci una vita talmente misera in campagna?

Vieni con me in città, dove troverai abbondante quantità di cibo piacevole e vivrai felice senza preoccupazioni». Il consiglio piacque al topo di campagna e si trasferì con il compagno nella magnifica casa urbana; qui mentre tranquilli e sicuri cenavano e gustavano le vivande delicate, all’improvviso rimbombano i latrati dei cani e irrompono i servi.

I topi spaventati scappano e cercano un rifugio. Allora il topo di campagna disse al topo di città: «Salute amico mio, tu rimani in città con i tuoi cibi squisiti, io invece ritorno alla mia povera e sicura vita di campagna».

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