Lisia tenta di corrompere Pisone

Lisia tenta di corrompere Pisone

Διαλαβόντες δὲ τὰς οἰκίας ἐβάδιζον· καὶ ἐμὲ μὲν ξένους ἑστιῶντα κατέλαβον, οὓς ἐξελάσαντες Πείσωνί με παραδιδόασιν· οἱ δὲ ἄλλοι εἰς τὸ ἐργαστήριον ἐλθόντες τὰ ἀνδράποδα ἀπεγράφοντο....

Si divisero le case e vi si recarono quanto a me mi trovarono a casa che avevo ospiti a tavola cacciati i quali mi consegnarono a Pisone.Gli altri entrati nella fabbrica facevano l'inventario degli schiavi.

Io nel frattempo chiedevo a Pisone se era disposto a salvarmi in cambio di denaro e lui rispose di si purchè fosse molto. Gli dissi che ero disposto a dargli un talento d'argento e lui promise che avrebbe fatto quello che gli chiedevo. Certo sapevo che non rispettava né gli dei né gli uomini tuttavia in quella circostanza mi sembrava più che mai necessario ottenere da lui la garanzia di un giuramento.E (solo)

dopo che ebbe giurato, invocando la rovina su se stesso e sui (suoi) figli, di salvarmi dopo aver preso il talento, io, entrato in camera da letto, apro la cassaforte: ma Pisone, accortosene, entra, e, visto il contenuto, chiama due degli sgherri e dà ordine di requisire il contenuto della cassaforte.

E dopo che ebbe preso non quanto io avevo pattuito, o giudici, ma tre talenti in contanti, quattrocento cizicèni, cento darìci e quattro coppe d'argento, (io) lo pregai [-avo] di darmi (almeno) il necessario per il viaggio; e lui mi rispose che potevo già essere contento se salvavo la pelle [mi diceva di essere contento se salverò il corpo]

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